Grande casino a Milano, zona Corvetto, perché è morto questo ragazzo egiziano che si chiama Ramy: era inseguito da una pattuglia dei carabinieri, cadono, il ragazzo muore e su TikTok iniziano a circolare le fake news riguardo al fatto che sarebbero stati i carabinieri, pensate un po’ voi, ad averlo investito.E quindi parte un gran casino: autobus incendiati, 70 ragazzini a volto coperto che se la prendono con la città.
Qui Sallusti dice “un’invasione mascherata d’accoglienza può diventare una bomba”. Molto interessante invece il tema avanzato da Repubblica che oggi scrive “non usiamo parole a sproposito, quella di piazzale Corvetto non è una banlieue e neanche a ben vedere una vera e propria periferia, è un bel quartiere, ben collegato, ora si passa alla repressione ma non fingiamo di non sapere che non servirà nulla”. Tre negazioni per dire che la repressione non serve a nulla.
Mi verrebbe da chiedere: che facciamo nel frattempo? Ci facciamo mettere a ferro e fuoco la città? Facciamo sì che 70 ragazzi distruggano gli autobus pubblici? Questo facciamo?
Io non sono un uomo che si occupa dell’ordine pubblico, però penso banalmente che non fare nulla e pensare che ci siano la cultura, l’istituzione, la lettura di più libri a risolvere il problema, è una follia. Mi interessa poco se sono italiani, marocchini o egiziani. Non si fa, punto. E quando qualcuno si permette di fare una cosa di questo tipo, si reprime.
Anche il ladro avrà dei buoni motivi per rubare, ma non mi sembra che la società possa accettare i ladri. Allora l’idea che si debba sempre andare a fondo e comprendere certe dinamiche è una gigantesca puttanata. Se tu entri in una città e la metti a ferro e fuoco, ti prendi calci nel culo dalla collettività. Punto.
Quando un ragazzino scappa da un posto di blocco in motorino c’è il caso che possa subire un incidente e fare una brutta fine, come è successo a Ramy. Ad un posto di blocco e ci si ferma. Questo è il punto fondamentale. Così ci hanno insegnato in qualsiasi paese normale.
dalla Zuppa di Porro