La politica e le istituzioni accusano Mosca; Mario Draghi condanna l’aggressione dell’Ucraina; il Pd protesta davanti all’ambasciata russa; Joe Biden assicura che Vladimir Putin diventerà un “paria”; l’Europa s’indigna, promette che il presidente russo non la farà franca. Ma i partner dell’Ue sanno bene che potrebbero essere i primi a pagare il conto di una ritorsione. Ecco perché le sanzioni rischiano di trasformarsi in una fragorosa farsa. La prova? L’ha fornita Biden, durante il discorso di ieri sera.
L’inquilino della Casa Bianca ha confermato, infatti, che la Russia non sarà esclusa dal sistema di pagamento Swift. Di che si tratta? È un meccanismo – facente capo alla corporation belga Society for worldwide interbank financial telecommunication – che, in sostanza, definisce il sistema standard di messaggistica per le transazioni finanziarie. Una specie di alfabeto delle operazioni monetarie che si svolgono a livello globale e che consente i trasferimenti di denaro per via telematica: se sei fuori dal circuito, sei fuori da questo fondamentale complesso di scambi. Il motivo di tanta indulgenza? «Non è la posizione che il resto dell’Europa vuole assumere», ha spiegato il presidente americano. E quando dice «Europa», Biden intende, segnatamente, la Germania e l’Italia. Sono stati questi due Paesi i principali oppositori alla misura che pure Washington vorrebbe fosse presa in considerazione.
Il punto è che l’esclusione dal circuito Swift penalizzerebbe, sì, le banche russe, ma metterebbe in difficoltà anche i creditori europei, ai quali diventerebbe difficile recuperare il proprio denaro. Tant’è che l’austriaca Raiffeisen Bank international, sulla scia del panico provocato dalla crisi ucraina, aveva già accantonato dei fondi per fronteggiare un eventuale “default” di fatto dei crediti russi.
D’altro canto, il Paese dello zar Putin ha sviluppato un proprio sistema di pagamento (Mir), mentre la diversificazione delle relazioni commerciali e il record storico di riserve valutarie internazionali, raggiunto a novembre, metterebbero in teoria la Russia nella condizione di resistere, nel medio periodo, a un assedio occidentale.
È la dimostrazione che Putin si è preparato a questo tipo di rappresaglie da parte di Europa e Stati Uniti e, soprattutto, che l’Ue ha le armi spuntate, quando non a doppio taglio: capaci, certamente, di ferire Mosca, ma dannose anche per sé medesima. Ed è per questo che Berlino e Roma si sono opposte, almeno in prima battuta, alla cacciata dei russi dallo Swift, proprio come hanno preteso un atteggiamento prudente sul comparto energetico: senza il gas dell’autocrate del Cremlino, esauriremmo le nostre riserve nel giro di un paio di mesi.
Putin se la ride? Probabilmente. Ma di sicuro cominciano a fregarsi le mani anche a Pechino: non a caso, ieri Taiwan ha denunciato un’incursione aerea dei cinesi nei cieli dell’isola, minacciata dalle mire espansionistiche del Dragone. Se l’Occidente non è neppure in grado di reagire a un attacco sferrato dalla Russia nel cuore dell’Europa, con un pacchetto di sanzioni realmente “devastanti”, come le ha definite un balbettante Biden in conferenza stampa, come potrà difendere Taipei da un’aggressione di Xi Jinping, padrone assoluto del Mar Cinese?