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Le strane lettere dei giovani “pentiti” al “Corriere”

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Caro Corriere, c’ho un problema che m’accora, un dubbio che me rode. A scrivere son tanti, sempre più della generazione Pariolis, Capalbius, Sardinia, la meglio gioventù che svaccanza il giusto finché non casca da cavallo, folgorata sulla via Solferino o largo Fochetti. E allora parte la posta del Covid: “Pensavo che l’estate 2020 sarebbe stata un’estate piena di noia per via del coronavirus e invece era iniziata proprio bene. Avevo la mia routine, mi svegliavo, andavo in spiaggia, poi in palestra, pomeriggio di nuovo spiaggia con amici e la sera uscivamo a bere qualcosa. D’altronde me lo meritavo, ho studiato molto durante quest’ anno scolastico. Io e i miei amici avevamo deciso di non andare in discoteche e posti chiusi per evitare i contagi, però quel sabato era il compleanno del mio più caro amico, come facevamo a non festeggiare fino a tardi?”.

Che già qui a uno gli scatta il vattelapjà dove sai, cocca. Ma è solo un debutto, tutto serve a preparare il climax: “Fu l’inizio del film horror che sto vivendo. La settimana dopo incominciai con sintomi come raffreddore e tosse, ed ho pensato fosse per via dell’aria condizionata. Andai dal dottore e mi disse che non sembravano sintomi da Covid, quindi continuai a fare la mia vita normale, andavo a mangiare al ristorante con papà, giocavo a carte con i nonni e ci mettevamo a guardare la tv tutti insieme sul divano…”. E a questo punto chi legge ha già subito la trasformazione da dottor Chiunque a mister Brega: “Sta stronza che sta sempre a ciancicà”. Perché, andiamo, le varie Martina, Samantha, mi raccomando la H, Jason, come fanno a non farti salire l’odio? Proprio in quanto le loro testimonianze sono verosimilmente autentiche. Quell’altra ragazzina “che vive a Roma, ai Parioli ma sta passando la sua quarantena nella villa al mare ad Ansedonia, in Toscana. È risultata positiva al Covid-19, asintomatica, il 6 agosto, dopo una settimana a Ponza e dopo un aperitivo con la sorella rientrata da Ibiza, anche lei contagiata. “Conosco tanta gente qui in zona, ai Parioli, frequentiamo tutti lo stesso giro: Ponza, Panarea, Argentario, Sardegna. Temo che in tanti siano infetti”.

Capito, pora stella, dai Parioli alla quarantena in villa. E, per vincere la noia, lei si celebra. Si martirizza. Scrive alla posta del Covid. Oddio che terrore, anche se il Covid ormai è una pistoletta ad acqua, anzi a champagne. Il punto è che i racconti saranno senza dubbio autentici, ma le conversioni sono di latta: è solo un altro modo di esibirsi, di parlarsi addosso per sconfiggere la noia rammollita del lockdown in villa: esce la posta del Covid e parte il giro di chat, di telefonate, “hai visto Samà? Ce sta la lettera, quella so’ proprio io”. Pare uno di quei filmetti, la grande piattezza, la grande mediocrità di un vivere che non cresce perché non ne ha bisogno, anzi più si infanga e più la sfanfa. Prima le bocce, le magnum al tavolo, i ritrovi esclusivi, il fancazzismo arrogante, poi “il film horror” e tutti normalizzati, tutti accorati, “Non fate come me”. Ma chi può fare come te, chi può sbattersi, magari contagiarsi tra festine di rutilante esclusività per ritirarsi nel castello di famiglia?

La posta del Covid è solo un altro modo di essere influencer e va notato un curioso cortocircuito della comunicazione: l’isteria da contagio, da mascherina, da pippone moralistico, dall’edonismo al conformismo, scade nel tampone glamour: sempre più spaventapasseri da talent esibiscono il loro contagio, reale o millantato, come una griffe e i like fioccano, i follower sui social sciamano, le occasioni nel sottoclou dello spettacolo misero crescono. Gente mai sentita prima, tranne che nel circo della vanità stracciona, proclamano ai quattro venti la loro positività e già che ci sono si ritirano nella villozza in Sardegna con ingresso privato al mare. Ci sono casi mormorati di falsi positivi terrorizzati solo che si scopra il gioco, che si sappia che sono sanissimi, perché la girandola del falso Covid rende, porta soldi. Una miseria nella miseria, un cinismo di bassissima lega sulle spalle di chi ci ha lasciato la pelle sul serio, magari per altre cause o concause e che l’informazione mainstream ci inzuppi il biscotto è inverecondo.

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