Ci siamo fatti convincere che negli ultimi decenni siano aumentate le disuguaglianze, e per questo abbiamo giustificato l’intervento sempre più massiccio dei mandarini pubblici per poterle appiattire.
E mentre affrontiamo l’oppio delle disuguaglianze cedendo sovranità alle autorità pubbliche, non ci rendiamo conto, imbambolati dal miraggio della giustizia sociale, la grande ingiustizia politica che si sta consumando con il trasferimento coatto di risorse dai singoli allo Stato. I numeri pubblici parlano chiaro. E prendiamo solo quelli relativi all’ultimo mezzo secolo.
Il livello delle tasse nei Paesi sviluppati nel 1965 era pari al 24,9 per cento. Nel 2016 la frazione della ricchezza dei privati che è finita in mano pubblica è salita al 34 per cento. Il che vuole dire che le tasse sono cresciute del 40 per cento: ogni anno il prelievo pubblico è aumentato dell’8 per cento. (…)
L’Italia in questo processo di progressivo aumento fiscale (e ora stiamo parlando solo di prelievi monetari, che come detto sono solo una parte del nostro ragionamento) ha praticamente il record mondiali degli orrori. (…) È corsa a una velocità doppia: gli altri aumentavano l’imposizione del 8 per cento, noi di quasi il 18.
Nei medesimi anni è esploso il nostro debito pubblico e la nostra crescita è tra i fanalini di coda del mondo occidentale. Qualcuno potrebbe mettere i puntini insieme e trarre una conclusione: in mezzo secolo più tasse, più debito, meno crescita.
Prima che i bambini si rendano conto che il re è nudo, tocca convincerli che si sia cambiato di abito. Ecco che le tasse non sono più bellissime, ciò che splende sono quei prelievi che hanno un fine etico. Ci stiamo inventando le tasse buone, le tasse di valore, i prelievi per l’ambiente, le imposte nascoste, le regole a favore di alcuni: un complicato reticolo di iniziative che hanno come unico fine quello di continuare ad alimentare la bestia statale che ha sempre più fame, poiché la sua dimensione è cresciuta e più cresce ed è potente e più ci affidiamo a lei per risolvere i nostri problemi. Una follia.
La bestia non riusciremo più ad affamarla, come negli anni ’80 speravamo, essa morirà d’infarto per le sue dimensioni, e perché la linfa con la quale campa sta diventando sempre più rara.
Nicola Porro