In questa situazione di follia finanziaria, in cui il governo pensa bene di tassare e tassare per recuperare risorse da distribuire, conviene rileggere i grandi classici del pensiero liberate italiano. Non c’è bisogno di scomodare Milton Friedman, basta rileggere Francesco Ferrara e il suo Trattato speciale delle imposte per capire come le tasse nacquero e come le tasse ahinoi sono diventate. Val la pena, senza aggiungere molto rileggere questo passaggio: “L’imposta, nel suo puro significato, non sarebbe né un sacrificio propriamente detto, né una violenza esercitata su chi la paga da un potere superiore; sarebbe piuttosto il prezzo, ed un tenuissimo prezzo, di tutti i grandi vantaggi che a ciascheduno di noi lo stato sociale, lo stato organizzato presenta”.
Le imposte sono intese come il prezzo per un beneficio che otteniamo grazie alla nostra organizzazione in collettività. I vantaggi che otteniamo dall’organizzarci insieme e dal contribuire all’organizzazione, derivano dalla sottoscrizione di una sorta di abbonamento, che potremmo definire tributo pubblico. Inoltre “questa immensa utilità, di cui l’abitudine ci fa dimenticare l’alta importanza, è frutto di una serie di combinazioni, le quali costituiscono anch’esse un travaglio umano, un travaglio che ha un valore, un travaglio che deve essere retribuito. È frutto delle leggi e della loro esecuzione; esige uomini che la pensino, la sanciscano, la facciano rispettare e ubbidire; esige mezzi di coercizione e di facilitazione; armi, truppe, prigioni, tribunali da un lato; strade, edifici, istituzioni, scuole, soccorsi (…) Lo stesso vocabolo imposte, colla nozione che vi è implicata, di costringimento, di obbligo, di violenza, ci sembra male adoperato e preferiremmo chiamarla non più che semplice contribuzione”.
Ma Ferrara sapeva bene che il crinale tra “imposta” e “contribuzione” era sottile e che nel burrone ci siamo finiti più volte e aggiungeva: “Nel concetto filosofico, lo stato organizzato è il gran motivo che nobilita l’idea dell’imposta; nel concetto storico, invece, l’imposta è il gran segreto che organizza la tirannia. Tutto ciò che vi è di volontario nell’uno, diviene usurpazione e furto nell’altro; là il soddisfarla è un vantaggio proprio, è un dovere verso i propri simili, qua pagarla è viltà, è atto da schiavo, è delitto perché chi paga un obolo al despota è per la parte sua responsabile di tutte le lacrime che la mano del despota farà versare all’umanità. E se nel concetto filosofico la parola contribuzione ci pare più vera e più degna nel concetto storico v’invito pure a mutarla, ma sarà solamente per chiamarla flagello”.
Difficile credere che l’attuale imposizione fiscale risponda alla logica della contribuzione, è scontato piuttosto ritenere che oggi essa sia un flagello, o meglio il gran segreto con cui si è organizzata la tirannia moderna.
Nicola Porro, Il Giornale 20 ottobre 2019