Le toghe in trincea boicottano l’accordo per i migranti in Albania

In prima linea contro il decreto Cutro, i giudici sono pronti a dare battaglia anche sull’accordo sui migranti firmato con l’Albania

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Altro che Partito Democratico e Movimento 5 Stelle, la vera opposizione al governo guidato da Giorgia Meloni è rappresentata dalla magistratura. Una tendenza storica, lo sappiamo bene, rinvigorita dalla recente azione di Iolanda Apostolico & Co., le toghe rosse che hanno sconfessato il decreto Cutro messo a punto dall’esecutivo di centrodestra per provare a contrastare l’emergenza migranti. E proprio l’immigrazione riguarda l’accordo siglato dal governo con l’Albania, ma anche in questo caso i giudici non hanno intenzione di restare a guardare.

Nonostante il parere positivo di un’istituzione come Sabino Cassese, i magistrati sono pronti a dare battaglia. La sfida è stata profetizzata da Silvia Albano, giudice della sezione immigrazione del tribunale di Roma, nel corso di un’intervista ai microfoni di Repubblica: “Così com’è il protocollo firmato tra Italia e Albania mi pare difficile possa essere attuato. Occorre una legge di ratifica da parte del Parlamento”. Presto chiamata a pronunciarsi sull’attuazione dell’accordo che dovrebbe portare in Albania fino a 36 mila migranti in un anno, la toga sembra avere le idee abbastanza chiare sul da farsi. Ossia contrastare il governo.

Il governo ha già sottolineato che non ci sarà alcun passaggio in aula sul protocollo, per la Albano la strada è tracciata: una pioggia di ricorsi. E l’orientamento appare perentorio: “Se non ci sarà una legge di ratifica che definisca le deroghe al quadro normativo nazionale previste da questo protocollo non potremo che prenderne atto”. Ma per la toga ci sarebbero dei problemi anche in caso di passaggio in Parlamento: “Va da sé che le variazioni di legge devono comunque essere compatibili con le direttive europee. Per quello che abbiamo potuto leggere, in realtà, in questo protocollo non c’è molto. Quello che è stato enunciato invece presenta diversi punti di contrasto con le norme in vigore. A cominciare da quelle che definiscono le procedure per le domande di asilo che possono essere avanzate nel territorio dello Stato membro, alla frontiera, nelle acque territoriali e nelle zone di transito. E l’Albania non rientra in nessuna di queste opzioni per l’Italia”. Insomma, la priorità sembra trovare la via per mettere i bastoni tra le ruote. Presto la sinistra avrà nuovi giudici da glorificare.

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