Capitolo a parte meriterebbe il concorso della vignetta antisemita sponsorizzato dal governo degli Ayatollah, concorso che se la memoria non mi inganna è stato vinto in varie edizioni proprio da vignettisti italiani. Dando uno sguardo al passato ricordiamo Forattini, che con Israele non è mai stato tenero, al centro di proteste per la vignetta, pubblicata da La Stampa il 3 aprile 2002, che raffigurava un carro armato israeliano che puntava il cannone verso una mangiatoia nella quale un bambino impaurito, identificabile in Gesù per via dell’aureola sul capo esclamava: “Non vorranno mica farmi fuori un’altra volta?!”. Già allora si sentiva che i limiti del buongusto, almeno in Italia, stavano per essere scardinati, comunque niente in confronto a quello che abbiamo visto negli ultimi anni, Vauro docet.
Il New York Times però è la bibbia della sinistra liberal statunitense, e un attacco antisemita come quello messo in atto con questa pubblicazione è per certi aspetti ancora più grave. Dalle destre nostalgiche è facile aspettarselo e si chiama ancora antisemitismo, mentre quando arriva dalle sinistre liberal, quelle dall’anima candita e immacolata perché portatrici della verità, della cultura e del progresso, debbono necessariamente essere sempre classificate come ‘critiche’. Parlando però con la gente comune, con il popolo israeliano in Israele ed ebraico nel mondo, ci si rende conto che in molti sono consapevoli che l’antisemitismo di sinistra è il più attivo e che anche se si definisce antisionismo non gode più di alcun paravento.
Se è vero che esiste un antisemitismo di destra post fascista e anche vero che ne esiste uno di sinistra che ancora segue le linee guida modello soviet supremo di chi vorrebbe distruggere Israele, e che anche quest’ultimo va combattuto con la stessa forza con la quale si combatte ogni tipo di antisemitismo.