Finora la Russia, che assieme alla Cina, è leader nello sviluppo delle armi della cyber-guerra, ha mantenuto un basso profilo su questo fronte. In Ucraina si è limitata ad un attacco hacker contro le banche e le sedi governative nel primo giorno di guerra. C’è chi ipotizza che non sia stata in grado di penetrare le difese dell’Ucraina e dei Paesi che la sostengono. Ed è possibile che sia così, visto che, più vasta è la rete dei nemici, più solide sono le sue difese: la cybersecurity è tanto più forte quanto è più vasta la cooperazione. La Russia, anzi, si è dimostrata assai vulnerabile agli attacchi hacker del gruppo Anonymous che sono giunti a stampare messaggi di contro-propaganda prendendo il controllo di stampanti in Russia e poi addirittura di entrare nel sistema Tv interno del Cremlino. Anche qui: è impossibile risalire a chi sia realmente dietro l’etichetta Anonymous, la Russia non potrebbe lanciare rappresaglie contro queste azioni dimostrative eclatanti. C’è comunque la possibilità concreta che il Cremlino stia tenendo in serbo armi cibernetiche che non ha ancora usato.
Un’altra forma di attacco subdolo, ma ancora più pesante, potrebbe consistere nel taglio dei cavi marini in fibra ottica su cui corre il 97% dei dati. Secondo l’intelligence della Nato, la Russia dispone sia di sottomarini che di navi di superficie adatti allo scopo. Una di queste unità, la nave-spia Yantar, ha lasciato la sua base artica all’inizio del mese. Un attacco alle autostrade informatiche mondiali, nell’era della comunicazione, sarebbe devastante. Ma molto rischioso. Prima di tutto perché è difficile nascondere la mano, camuffandolo da “incidente”. La Nato considererebbe un attacco simile come un atto di guerra, la qual cosa precipiterebbe l’escalation verso la guerra generale.
La “bomba E”
Infine, lo scenario più devastante immaginabile (e sempre abbastanza ambiguo da nascondere la provenienza) è e resta un attacco Emp. Dagli anni 90, tutte le grandi potenze, Russia inclusa, hanno studiato “bombe E” non nucleari. Anche senza far denotare una bomba atomica ad altissima quota, cosa che comporterebbe una rappresaglia quasi automatica, una “bomba E” genererebbe un fascio di impulsi elettromagnetici in grado di bruciare linee elettriche, circuiti e microprocessori in un solo istante, in un’area prescelta. Sarebbe anche difficile capire chi abbia lanciato cosa, anche perché l’accecamento e la confusione delle vittime sarebbe totale.
Provate ad immaginare un mondo senza energia elettrica: niente luce, elettrodomestici, refrigeratori, computer, telefoni e smartphone, televisioni, radio, automobili (niente più iniezione elettronica), treni e aerei, ospedali (con tutta la loro apparecchiatura elettronica) e pompe dell’acqua. Più niente: nell’area colpita si tornerebbe all’era pre-industriale. C’è solo da sperare che gli studi sull’effetto Emp siano esagerati. O che esista un chiaro piano per prevenirne l’uso o resistere all’impatto. Ma la Russia è disposta a rischiare la possibilità di una rappresaglia altrettanto devastante?
Stefano Magni, 29 aprile 2022