C’è una parentela tra economisti e virologi. Nei momenti di crisi vengono ascoltati e interpellati dai politici. Enrico Colombatto, in L’economia di cui nessuno parla (IBL Libri) prova a vedere quale sia il ruolo dei primi.
Utile in questo periodo per capire come contenere la prepotenza dei secondi. Scrive Colombatto (e questa è la regola aurea a cui dovrebbero attenersi tutti gli scienziati sociali): «Coerente con la tradizione austriaca, questo libro ha suggerito che l’economia dovrebbe preoccuparsi principalmente di spiegare. In contrasto con le tesi austriache, tuttavia, si ritiene che le spiegazioni si basano su giudizi di valore incorporati e di conseguenza si è sostenuto che spiegare comporta che i giudizi di valore siano resi espliciti». Di per sé il superamento della tesi austriaca non è del tutto sballato. I numeri non sono solo numeri. Ma le conseguenze che derivano da questa aggiunta di ruolo per gli economisti ha comportato i danni che l’interventismo politico ha fatto negli ultimi decenni.
Evidentemente prima di spiegare, l’economista deve descrivere e fare grande attenzione poiché «cattiva storia e statistica scadente possono causare danni considerevoli, poiché dettagli cruciali potrebbero essere trascurati, dati sbagliati potrebbero generare confusione ed errori, e anche buone teorie potrebbero essere falsificate». Se ci pensate un attimo la descrizione del fenomeno pandemico, oggi è sottovalutata rispetto alle soluzioni fideistiche individuate. Chi si occupa della certezza dei dati, chi delle statistiche, chi verifica i risultati grezzi delle indagini?
La seconda attività dell’economista, ma anche del virologo, dovrebbe essere quello della spiegazione di un fenomeno evidentemente ben descritto: «Purtroppo, però, la storia del modo di pensare economico non è riuscita a produrre un accordo ampio sulle linee guida metodologiche che dovrebbero guidare le spiegazioni». Insomma, gli economisti non si sono messi d’accordo neanche sul metodo.
Paradossalmente gli economisti, nonostante i limiti delle loro prime due attività di base, sono fenomenali nel consigliare. Vi dice qualcosa? E Colombatto nota: «Possono offrire soluzioni su richiesta, dove l’onestà intellettuale e l’efficienza sono sacrificate alla convenienza politica, oppure la loro presentazione delle varie proposte influisce sul modo in cui si percepiscono i contenuti e su quali decisioni alla fine saranno adottate dai tecnocrati». In effetti, conclude Colombatto, «la pretesa di imparzialità tecnocratica non regge ed è quasi priva di significato per definire un buon processo decisionale in mancanza di una definizione di buon governo».
Per farla breve: è la politica che deve decidere e assumersi responsabilità. Gli scienziati sociali dovrebbero descrivere e, se ci riescono, spiegare, ma non pretendiamo che consiglino svincolando dalla scelta finale i decisori ultimi, che non sono loro.
Nicola Porro, Il Giornale 4 aprile 2021