Giustizia

Lega e Metropol, la bomba: cosa c’era dietro il finto scoop dell’Espresso

Le rivelazioni di Giacomo Amadori sulla Verità: contatti tra il giornalista e l’uomo della trattativa. Ira della Lega: “Altro che inchiesta, era una macchinazione”

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Vi ricordate quello scoop sulla presunta trattativa tra emissari del Carroccio e oscuri personaggi russi, legati al mondo putiniano, per far arrivare rubli alla Lega grazie a una compravendita di petrolio a prezzo scontato? Secondo quanto riporta Giacomo Amadori sulla Verità, potrebbe trattarsi di una sorta di macchinazione. Qualcosa insomma non torna. Un faccendiere scriveva, parlava, registrava, cercava in tutti i modi di tirare in ballo la Lega e poi passava tutto all’amico giornalista che confezionava gli articoli per la felicità della sinistra e dei suoi giornali. I due si parlavano spesso, si incontravano, addirittura si erano recati a Mosca a bordo dello stesso aereo. A seguito della “sconcertante inchiesta” pubblicata dal quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, la Lega ha dato mandato ai propri legali di presentare un esposto in Procura e di procedere in tutte le sedi per “ripristinare la verità e tutelare le proprie ragioni”.

Una bufala per danneggiare Salvini?

Quattro anni fa l’allora direttore dell’Espresso Marco Damilano aveva paragonato l’inchiesta sul Metropol portata avanti dai suoi cronisti nientemeno che al Watergate, uno scandalo politico che scosse gli Stati Uniti negli anni ’70 e causò le dimissioni del presidente Richard Nixon. Due cronisti del settimanale sostenevano di aver assistito alle contrattazioni tra emissari leghisti e oscuri personaggi russi per far arrivare fiumi di rubli nella casse del Carroccio, assicurando peraltro di avere anche per le mani l’audio dell’incontro. Uno scoop di tutto rispetto, che giustamente venne ripreso in lungo e in largo e divenne anche un libro. Ma che forse nasconde qualcosa.

Il vero scoop

I dubbi sorgono leggendo un’informativa del nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Milano, datata luglio 2020, che La Verità ha visionato in esclusiva.  Scrivono nel 2020 le Fiamme gialle: “Dagli accertamenti svolti […] sono emerse tracce di contatti telefonici e di incontri intercorsi nel periodo d’interesse investigativo (2018/2019) tra uno degli indagati, Gianluca Meranda, e uno dei giornalisti firmatari dello scoop da cui ha tratto origine l’indagine, Giovanni Tizian (oggi al Domani, ndr)”. Ma chi è Gianluca Meranda? È un avvocato che durante la trattativa diceva di rappresentare gli interessi di una banca anglo-tedesca. Era già stato indicato nel luglio 2020 come la “gola profonda” dietro la registrazione del colloquio al Metropol. La Verità racconta che sul suo iPhone X gli investigatori hanno rinvenuto “alcune fotografie risultate sostanzialmente sovrapponibili a quelle pubblicate su L’Espresso a margine degli articoli a firma dello stesso Tizian”. Tizian e Stefano Vergine assicurano di aver lavorato per mesi all’inchiesta. Ma non hanno mai detto chi gli abbia consigliato di recarsi in albergo e chi gli abbia consegnato l’audio della riunione che ha portato all’inchiesta sullo stesso Meranda, sul bancario Francesco Vannucci e su Gianluca Savoini, all’epoca portavoce di Matteo Salvini.

Il caso Meranda

Stando all’inchiesta di Amadori, Tizian e l’avvocato d’affari avrebbero avuto una frequentazione precedente al Metropol. Nell’agenda del cellulare di Meranda, riporta sempre La Verità, “risultano registrati 14 promemoria di appuntamenti con Tizian nel periodo dal 25 luglio 2018 al 24 giugno 2019″. Il 30 gennaio 2019 compare anche il nome dell’altro giornalista, Vergine. Per i militari questi appuntamenti confermerebbero “la tesi” che Tizian e Meranda “fossero in contatto diretto nel pieno dello sviluppo degli accadimenti oggetto d’indagine (e anche dopo)”.

Il primo incontro, quello del 25 luglio 2018, si legge nell’annotazione, “è immediatamente prossimo a importanti sviluppi degli embrionali accordi e delle trattative commerciali oggetto d’inchiesta giornalistica e, quindi, d’indagine, contestualizzabili tra il 10 e il 24 luglio 2018”. All’epoca Meranda riceve, via mail, una bozza di offerta commerciale dalla russa Avangard gas and oil company. Il documento sarà successivamente pubblicato sull’Espresso del 24 febbraio 2019. Un altro appuntamento risale all’ottobre 2018. Scrivono i finanzieri: “La data della riunione è immediatamente prossima alla partenza di Meranda e Tizian per Mosca, con lo stesso volo Alitalia”. In sostanza, stando a quanto raccolto dalle fiamme gialle, il giornalista e Meranda si sarebbero incontrati poco prima di salire sullo stesso aereo alla volta di Mosca, dove poi sarebbe avvenuto il fatidico incontro del Metropol e dove, guarda caso, erano presenti pure i due giornalisti.

Per leggere l’inchiesta completa della Verità, clicca qui.

La Lega reagisce

Le “coincidenze” non finiscono qui. Ma già questo è abbastanza per spingere la Lega a chiedere chiarezza sulla vicenda e presentare un esposto in procura. L’obiettivo, si legge in una nota, è quello di “ristabilire la verità e tutelare le proprie ragioni, dopo la sconcertante inchiesta pubblicata oggi dal quotidiano diretto da Maurizio Belpietro”. “La vicenda dell’hotel Metropol di Mosca – aggiunge il Carroccio – è stata una macchinazione costruita a tavolino per colpire il partito e il leader Matteo Salvini (ai tempi Vicepremier e Ministro dell’Interno) alla vigilia delle ultime elezioni Europee. Altro che scoop: un faccendiere scriveva, parlava, registrava, cercava in tutti i modi di tirare in ballo la Lega e poi passava tutto all’amico giornalista che confezionava gli articoli per la felicità della sinistra e dei suoi giornali. I due (faccendiere e giornalista) si parlavano spesso, si incontravano, addirittura si erano recati a Mosca insieme”. Per la Lega quanto emerso sulla Verità dimostra che “non era un’inchiesta” ma “una macchinazione per incastrare i rivali politici”. “Siamo di fronte a uno scandalo, a una macchinazione che ha inquinato la nostra democrazia e il dibattito pubblico: la Lega si aspetta interventi chiari dalla politica, dalla magistratura, dall’ordine dei giornalisti e dai commentatori che per anni hanno rovesciato fango”. Poi la nota finale contro Marco Damilano: “Il direttore che aveva consentito la pubblicazione delle trame contro Salvini è stato poi promosso in Rai dalla sinistra. Ci aspettiamo parole inequivocabili anche da parte sua”.