Vent’anni fa, voce fuori dal coro al solito isolata, scrivevamo su Il Giornale che, primo, il riscaldamento globale osservato nei trent’anni precedenti non era d’origine antropica e, secondo, ogni tentativo di riduzione delle emissioni di CO2 era destinato a fallire. I belati corali di allora, infatti, esortavano a implementare il protocollo di Kyoto e ridurre le emissioni del 6% rispetto a quelle del 1990. Orbene, il tempo è galantuomo e, trascorsi vent’anni, e col protocollo di Kyoto solennemente sottoscritto nel 2003, possiamo tirare le somme.
In ordine al secondo punto, i fatti sono che le emissioni globali furono di quasi 23 Gt (gigatonnellate) nel 1990 e di oltre 37 Gt nel 2017. Cioè, anziché ridursi del 6% le emissioni di CO2 sono aumentate del 60%. Noi avevamo ragione e loro – Legambiente, Verdi, Greenpeace, nonché gli organi d’informazione internazionali, nazionali e locali, il coro belante, insomma – aveva torto, e non ci spiace dirlo. E non per soddisfare un ego che non abbiamo bisogno di soddisfare, ma per avvertire che quando oggi sentite quello stesso coro belare vi rammentiate di come aveva belato allora.
In ordine al primo punto, v’è una dozzina di fatti che o rendono implausibile o semplicemente sconfessano tout court la congettura dell’origine antropica del riscaldamento globale attuale. Per ciascuno di essi il coro belante, imbarazzato, s’inventa controdeduzioni con la convinzione che nessuno controlli. E invece noi controlliamo, grazie al meraviglioso internet, che mette a disposizione di un semplice click le biblioteche del mondo. Noi siamo qui per raccontarvi l’ultima in proposito.
Una della dozzina di fatti di cui sopra è la circostanza che il cosiddetto Periodo Caldo Medievale fu più caldo di oggi, come ci informano i dati paleoclimatici registrati da chi fa questi studi. Orbene – bela il coro – quel caldo riguardò solo alcune aree geografiche molto localizzate e non l’intero pianeta. Ma noi controlliamo sempre, e potete controllare anche voi se digitate su Google le parole “Project: mapping the medieval warm period”. Appare una cartografia del pianeta (si veda figura)
che riporta le ricerche paleoclimatiche condotte localmente e i loro risultati in ordine all’umidità (pallini verdi e gialli) e alla temperatura (pallini blu e rossi). A noi interessano le risultanze sulla temperatura: una schiacciante maggioranza di studi paleoclimatici (pallini rossi) ha registrato localmente nel periodo medioevale una temperatura più elevata delle temperature registrate oggi. E le localizzazioni sono, come si vede, non eccezionali, ma estese a tutto il globo.
In definitiva, contra factum non valet argumentum: vi furono un paio di secoli a cavallo dell’anno Mille d.C. quando il clima era più caldo di oggi, e ciò accadeva a livello globale e non solo locale. E ciò accadeva senza le emissioni antropiche e senza che poi si verificassero quelle sventure che il coro belante – incluso quello di alcune accademie cosiddette scientifiche – profetizza, nella vana speranza di non farci dormire sonni tranquilli.
Franco Battaglia, 30 luglio 2019