Esteri

La guerra in Ucraina

L’enigma della Crimea: chi ha ragione tra Russia e Ucraina - Seconda parte

E sembra insussistente anche invocare il principio secondo cui le Repubbliche dell’Unione, una volta questa disciolta, sarebbero dovute rientrare nei territori che avevano al momento dell’adesione all’Unione medesima: quando nel dicembre 1991 i Presidenti di Bielorussia, Ucraina e Russia sciolsero l’Unione, Boris Yeltsin (che rappresentava la Russia) accettava la Crimea entro i confini ucraini. È vero che l’anno dopo il Parlamento russo chiedeva conto a Yeltsin di quella supina accettazione, tuttavia, nel dicembre 1994, col Memorandum di Budapest, finalizzato a stabilire l’Ucraina quale Stato non-nucleare, questa cedeva alla Russia le sue 1900 testate nucleari e riceveva in cambio garanzie d’indipendenza e integrità territoriale.

V’è, sul punto, ancora un argomento a favore di Putin? Sembra di sì. La secessione della Crimea avvenne nel 2014, in conseguenza di un referendum, a sua volta conseguente al rovesciamento di piazza di un presidente (Viktor Yanukovich) legittimamente eletto. Quello successivo (Petro Poroshenko) avviò politiche di discriminazioni contro la minoranza russa (che in Crimea – come nel Donbass – è larga maggioranza), rendendo anche illegali alcuni partiti politici di riferimento di quella minoranza. Indagare in modo puntuale su queste altre istanze di Putin – ed eventualmente inchiodarlo ai suoi torti, ove sussistano – forse sarebbe stato molto meglio dell’invio di armi ad una delle parti contendenti. Che non è il popolo ucraino, ma la classe dirigente del Paese che non ha saputo come trattare la pace ed evitare al proprio popolo sofferenze che non merita.

Franco Battaglia, 3 maggio 2022

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