L’ennesima Ferragnata: Chiara è tornata a frignare

L’influencer posta una foto e un lungo commento sul bilancio di questo 2024

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Ferragni matrimonio divorzio 2

“Poveriina la mammiina, mangia il filetto!”. Non so se vi ricordate la scena imperitura di Diego Abatantuono che col “13” in schedina sfancula moglie e suocera, “Libero, sono libero, dalle luride, per molti giorni ancora…” e quasi la affoga, la suocera, nella panna, “eh, sai che lei mangia con avidìgia, allora le è caduto il boccione nella torta” (se ne pentirà, il 13 era uno scherzo degli amici). Chissà perché, mi è tornata in mente incappando nell’ennesima ferragnata: all’inizio credevo fosse la solita “esclusiva” del Corriere, testata della un tempo borghesia lombarda oggi specializzata in fregnacce e redazionali coperti, poi ho scoperto che ci ero finito dentro perché era praticamente impossibile salvarsi: gira dappertutto, giornali, siti veri, siti falsi, puttanate pubblicitarie, ricettacoli di uffici stampa.

E la è, ferragnata, l’ennesima, perché è sempre la solita storia a ciglio umido e slang influencer di quando fingeva di provare pena, con vestaglietta griffata oncologica, per i piccoli malati che aveva appena usato per intascarsi un milione in pubblicità autoelargitasi. Il “pandoro affaire” scoperchiato dalla Lucarelli. “Un errore di comunicazione”, si giustificò la “imprenditrice digitale”, di cosa non si è mai capito, di miraggi, di inganni; e solo in quella formula stava tutta la mancanza di scrupoli, la vanità demoniaca di chi sbanda ma non molla: l’osso, non molla, quello degli affari che ricordate, evaporavano, sponsor in fuga, immagine catastroficamente rovinata.

Da allora, Chiara non ha fatto altro che cercare di liftarsela, l’immagine, di ricostruirsela, con risultati regolarmente autodistruttivi. È passato un calendario, la ex maga della comunicazione, sepolta da una valanga di errori di comunicazione, ha un anno di più, come la canzone di Battisti, ma più giura che è diversa, è cambiata, più pare la stessa, sia lei che l’ex consorte si direbbero maledetti, condannati a ripetere gli sfondoni che li hanno perduti. La vita gli scorre addosso come acqua sulla pietra, ma non li leviga né li erode. Ed è proprio al signor Lucia, ex metà Ferragnez, che la signora Ferragni, divorziata Lucia, si rivolge, nell’ennesima trovata di una comunicazione patetica, fasulla: occhi rossi di pianto, saggezza da discount, da lettera egoriferita a Sanremo, benché composta a 16 mani, che spreco di talenti.

Con questa roba, la Ferragna pretende o spera di risalire una china ormai desertica di ingaggi, di marchi, di griffe, cioè l’unica cosa che le preme, il soldo. La manda a tutte le fonti del regno, che la pubblicano facendosi risucchiare nel grottesco. Poi dice che i giornali perdono lettori: se stanno combinati così, bastano i social. Difatti la fonte primaria è la Instagram dove la trentasettenne “bocconiana”, zero esami, forse ad honorem, forse perché ci passava davanti tutte le mattine in tram, prima di arrivare all’autista personale, si abbandona ad “un lungo sfogo”, ripreso parola per parola e immaginatevi che può dire se non adesso sì che sto bene, adesso sono libera: come ad ammettere che per cinque anni ha preso in giro i seguaci, che quello dei Ferragnez era il solito matrimonio societario, spremere i gonzi fin che dura.

Sì, è molto sanremese, molto serie di Amazon, molto Ferragnez la filosofia circolare di Chiara che finalmente ha scoperto “vere persone” – forse quell’altro era un drone, un robottino, una roba dell’intelligenza artificiale, si fa per dire? “Un anno in cui questa casa è diventata il rifugio della mia nuova famiglia dove ho capito che a volte è necessario lasciare andare certe persone per ricominciare a prendersi cura di se stessi”, che è l’unica occupazione che questa ha mai avuto fin dalle scuole medie, “e imparare a fare spazio all’amore vero”. Si vede che quello di prima era pure lui fasullo, nel segno dell’amore per il soldo che regola le umane genti et i lor destini.

Già, Chiara per non sbagliare si è trovata di recente un erede Pirelli, un giovane Tronchetti Provera dal quale, maligna qualcuno, spera di farsi finalmente introdurre nella borghesia milanese che, essendo la più stronza del mondo, non l’ha mai accolta (si consolasse, sdegnavano perfino Berlusconi che poteva comperarsela in blocco e comunque se ne fregava, lui preferiva San Siro, scrivevano i giornali della borghesia progressista con sprezzo, ma lui invece se ne vantava: “Silvio sei una bella figa!”, “Grazie, è il complimento più bello che mi hanno mai fatto e adesso scusate, devo andare a puttane”. Difetti, enormi, a parte, quando nascerà più uno così?).

Va beh, Chiara e il Pirellino son felici e lei, rinverdita, scopre l’essenza delle cose: “Oggi sento che la mia libertà non è solo un punto di arrivo ma un inizio quello di una nuova vita, più autentica, più forte, e, finalmente, più mia”. Questa ha 37 anni, mica 12. Si occupa di “comunicazione” più o meno da quando è nata, sotto la guida prima di un fidanzato, poi della mamma, adesso chissà, adesso c’è “il team”, ma i risultati non sembrano dei più incoraggianti. Ci si mette pure la sorella Valentina che commenta “non la Chiara che vorrei ma la Chiara che sei”, si vede che l’ex cognato era contagioso, nelle cose peggiori. Capace che il Fedez gliela frega e ci fa il verso di una canzone, da portare (lo vedremo) a Sanremo.

Sed iam ad reliqua pergamus: a colpire, anzi a tramortire non è la perenne adolescenza di Chiara, in arte “The blonde salad”, quanto l’assoluta, incurabile egolatria. Non c’è posto per nient’altro: occhi rossi, ciglia umide, immagina l’immagine: puoi. Questa avrà pure scoperto la vita autentica, ma ciò che intende lei per vita non contempla un dubbio, non trova spazio per un rimorso, una verifica, un refolo di coscienza: è una perenne implosione in se stessa, tipica della dannazione influencer. Luca Ricolfi ha scritto pagine angoscianti e illuminanti nel recentissimo Il follemente corretto, a dire del rincoglionimento giovanile indotto dai social con relativi testimonial; e potremmo aggiungere che questo imbambolamento, questo infantilismo di riflesso o di ritorno è pandemico e patologico, che i politici per primi, i gestori della nostra libertà, personale, civile, indulgono a questa weltanschauung liofilizzata.

Coi risultati che si vedono: l’impulso dei tiranni è tipicamente immaturo, è frustrazione del genere infantile. Difatti, appena può chi sta al potere per prima cosa ventila una nuova chiusura, un altro lockdown, un potenziamento della tecnologia del controllo, che è tecnologia repressiva. Quelle nostre sono democrazie influencer ma repressive, concentrazionarie, sono democrazie negative, e peggiorano. Una come questa Ferragni, che non per caso in politica doveva sbarcarci col Pd, non esce dalla bolla Ferragni, dice “è stato l’anno peggiore della mia vita”: speso tra feste, party “per elaborare il trauma”, in giro per il mondo, “poveriiina, mangia il filetto la mammiina”. Ma su una cosa spaventosa, e fondamentalmente ammessa e peraltro dimostrata, come la pubblicità dei pandori da devolvere ai bambini col cancro e invece allegramente dirottata a se stessa (chiusa con una sorta di compensazione extragiudiziaria, una multa), non un accenno, una lacrima, uno scrupolo. Niente.

A noi, uomini di un altro tempo, continua a parere qualcosa di aberrante, di insostenibile, tale da indurre a sparire per decenza, per dignità. Ma niente, niente. A Natale dai bambini leucemici, da quei piccoli crani lucidi, ogni Natale, ci andavano Lucio Battisti e Mogol, a cantare, e non volevano si sapesse; ci va Renato Zero, e non vuole che si sappia ma io so, e non mi sorprende, di un talento speciale nel farli sorridere, divertire. Non portava ombre di pandori, portava anima e voce, calore d’anima e tanto coraggio che distrugge. Ma niente, niente. “Ah, finalmente ho scoperto cosa è la vera vita”, con gli occhi rossi di pianto. Ma voi, ci siete mai stati in un reparto oncologico dai piccoli crani lucidi che guardano il Natale passare dietro a un vetro?

Max Del Papa, 23 novembre 2024

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