L’ultima fatica di Matteo Garrone, che non ho ancora visto e quindi lo so, dovrei solo stare zitta, sarà sicuramente un film bellissimo. Un racconto lirico e corale, di quelli che ti fanno scendere la lacrima alla fine, o anche in mezzo, anzi no, sicuramente già all’inizio…prima ancora di vedere i titoli di testa. Perché davanti a film come questo, ti devi sentire traboccante di emozione a prescindere, solo ad ammirarne la locandina, perché cavolo, come si può non partecipare umanamente a quella grande saga del dolore messa in scena un giorno sì e uno no dai media quando si parla dei migranti e della loro epopea?
Lo so dovrei stare zitta e aspettare di vedere il film altrimenti si fa come con il libro di Vannacci di cui tutti hanno parlato senza averlo letto, ma cavolo, “scopro” che ad aver ispirato la storia di “Io Capitano” è Ibrahima Lo e non posso non andare avanti con le congetture perché ecco che si arriva alle solite Ong del mare e il cerchio si chiude. Ibrahima guarda caso è un attivista di Mediterranea, la Ong di Casarini ex no global incendiario che oggi va a braccetto con Papi e cardinali. Che porta gli studenti “a bordo” delle navi del soccorso con tanto di benedizione del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana Matteo Zuppi perché andare nel mare a cercare i migranti è l’ultimo passatempo di chi le anime ha smesso di pescarle qui .
Vuoi mettere un safari a bordo di qualche Ong piuttosto che sporcarsi le mani quotidianamente con i disperati che vivono in strada? Italiani, migranti, meticci, tossicodipendenti, prostitute, tutte le umanità e tutti colori che volete. Ma no, “partire è giusto” e infatti Garrone in questi giorni ha più volte ribadito che i migranti “sono degli eroi moderni” che è un po’ come dire che quelli che non partono sono degli sfigati. E il viaggio dei migranti è un’Odissea, ma Ulisse alla fine non tornava a casa? Quindi, visto che il cinema rende le storie paradigmatiche e simboliche, quale sarà mai il messaggio di Garrone? Temo fortemente che siamo di fronte alla solita narrazione, quella del “partire è giusto”. Al solito messaggio politico che accogliere e spalancare le porte “è bello e ti fa persino sentire più buono”.
Un racconto che dimentica completamente il costo umano e sociale di tutto questo, che non si cura della disperazione di quanti, attratti dalle sirene del mare o di terra, intraprendono un viaggio che non li porterà da nessuna parte ma li vedrà bloccati per anni e anni in qualche campo profughi o schiavo di qualche milizia. O di quanti arrivati qui vivono in miseria e vorrebbero solo tornare a casa ma non possono ammetterlo. Bella storia proprio. Eh già, ma il cinema parla degli eroi che “ce l’hanno fatta”, mica degli “sfigati” perché altrimenti l’impalcatura crolla e a Venezia non ci vai. Ma sono sicuramente io che penso male. E che quello di Garrone è un film bellissimo.
Francesca Ronchin, 10 settembre 2023
Lavora per la Rai. Suoi scritti sono apparsi su Corriere della Sera, La Verità, Panorama, Analisi Difesa e altri. Ha scritto IpocriSea, le verità nascoste dietro i luoghi comuni su immigrazione e Ong (Aliberti, 2022)