di Maddalena Loy
John Ioannidis è uno degli epidemiologi più noti e influenti al mondo, e la sua visione sulla pandemia ha destabilizzato il mondo della “scienza allineata”. Docente di politiche sanitarie, ha una posizione critica nei confronti di tutte le strategie che, nel mondo (e soprattutto in Italia) si sono basate su misure draconiane come i lockdown prolungati e gli obblighi vaccinali: “Corrodono la fiducia della popolazione nella scienza”.
Professore, quando vede la fine della pandemia e che tipo di epilogo intravede?
In un certo senso la pandemia è già finita: in molti Paesi abbiamo raggiunto un’alta protezione dei vulnerabili e della popolazione anziana, per fortuna l’Italia è uno di questi Paesi. Penso che abbiamo una situazione mista, per cui la pandemia è finita in alcuni Paesi e in alcune zone, ma sfortunatamente in alcune zone sta ancora imperversando. È improbabile che questo virus vada via. Ha verosimilmente contagiato più di 3 miliardi di persone, e questo significa che abbiamo un virus molto contagioso, che ha un serbatoio anche animale (nel senso che non attecchisce soltanto sull’uomo ndr), che genera moltissime infezioni asintomatiche: molte persone non sanno neanche di essere state contagiate. Quindi mettiamoci in testa che il virus continuerà a circolare. Ma se continua a circolare in una forma endemica, non causa più morti di quanti ce ne siano stati prima del suo avvento nella storia. E se non grava sui nostri sistemi sanitari, se non sconvolge le nostre vite, allora penso che questo sia qualcosa che possiamo gestire: possiamo tornare alla normalità, possiamo tornare a vivere senza virus. Se riuscissimo a eradicarlo sarei la persona più felice del mondo, ma sulla base di ciò che osserviamo ora, non credo sia possibile, è un po’ come chiedere di eradicare gli altri coronavirus che stanno girando, o eradicare l’influenza.
Quindi è corretto affermare che il virus non è eradicabile?
Esattamente. Ci sono molti fattori che lo rendono molto difficile. Sulla base degli strumenti che abbiamo ora, non credo che dovremmo perseguire l’obiettivo di liberarci del virus: è qualcosa che, sulla base delle possibilità di cui disponiamo adesso per affrontare le malattie infettive, conviverà con noi.
Fda ha autorizzato la vaccinazione dei bambini dai 5 agli 11 anni, molti esperti hanno detto che era opportuno farlo “per far tornare i bambini a scuola”. Secondo lei, questo è un approccio scientifico? È corretto adottare una decisione sull’opportunità di somministrare un farmaco, più che concentrarsi sulla sua sicurezza?
È una questione molto complicata. Io ho scritto un paper proprio sulla vaccinazione dei bambini e degli studenti universitari. Il mio obiettivo era descrivere ciò che sappiamo, ciò che non sappiamo e su cosa ancora ci sono dubbi. Le considerazioni che ho fatto sono queste: ho evitato di dire “bisogna assolutamente farlo” o “non dovreste mai farlo”, perché penso che bisognerebbe semplicemente dire alle persone quali sono le evidenze scientifiche che abbiamo, cosa sappiamo, e poi arrivare a quello che io chiamo “processo decisionale condiviso”: questo è alla base della medicina basata sulle prove scientifiche. Questo tipo di medicina si pone sempre dei dubbi e, anzi, direi che il dubbio c’è sempre. Ad esempio, se parliamo di danni, la miocardite – che è il danno che ci preoccupa per quanto riguarda i bambini – è qualcosa di cui abbiamo alcune evidenze, basate sulla segnalazione del VAERS (il sistema americano di sorveglianza sui vaccini) e di altri sistemi di farmacovigilanza, ma sappiamo anche che questi sistemi di sorveglianza stanno raccogliendo poche informazioni e riferendo poco (“underreporting and undercapturing”, dice Ioannidis) questi problemi. Quindi, la domanda è: “Qual è il fattore di correzione?” e “quante volte è necessario aumentarlo per capire il vero rischio assoluto?”. Chiunque dica oggi “io so qual è l’esatto fattore di correzione”, probabilmente sta dicendo bugie. Non lo sappiamo, stiamo continuando le ricerche. Lo stesso vale per molti dei danni su cui abbiamo ancora grandi lacune: sappiamo quanti bambini muoiono, ma poi vediamo che molti dei bambini che sono stati etichettati come “morti da Covid-19” o “infezioni da Covid-19”, in realtà avevano altre patologie, e forse non sono davvero morti per Covid-19. Insomma, abbiamo difficoltà a distinguere esattamente ciò che è successo e qual è esattamente il beneficio che ci aspettiamo di avere. Quindi, se ci sono tutti questi dubbi, è importante comunicare con i genitori e dir loro che questo è ciò che sappiamo, piuttosto che provare a decidere “o bianco, o nero”.
E le scuole? Molte scuole private negli Stati Uniti chiedono la vaccinazione.
Non avrei mai chiuso le scuole. Non sono favorevole all’obbligo vaccinale per i bambini. Non credo che gli obblighi davvero apportino un miglioramento rispetto all’efficacia a lungo termine delle misure di sanità pubblica. Ottengono alcuni benefici a breve termine, ma io mi prendo cura delle persone, non mi interessano solo dati e numeri, mi interessa salvare vite, mantenere la coesione sociale, mi interessa che le persone continuino a fidarsi della sanità pubblica e non si sentano oppresse o obbligate a fare qualcosa. Quindi credo che la scuola dovrebbe rimanere aperta, penso che sia stato un grosso errore averle chiuse, già prima di avere i vaccini, in realtà; maggiormente adesso che li abbiamo e possiamo contare su altre misure. Quindi, dobbiamo imporre la vaccinazione ai bambini? Direi proprio di no. Penso che se i genitori vogliono vaccinare i propri figli va bene, possono farlo, dovrebbero farlo, ma va altrettanto bene che chi non vuole vaccinare i propri figli non lo faccia. Sono più preoccupato che si creino tensioni nella società, dove ci sono già molte tensioni. Porre fine a una pandemia non vuol dire soltanto ridurre morti e contagiati, è altrettanto importante smorzare la tensione. Se continuiamo ad avere conflitti, minacce, odio, divisioni e persone emarginate, sia pure con zero morti restiamo ancora nel bel mezzo di una pandemia: anche se le morti sono scomparse.
Lei ha messo in guardia dalle misure estreme contro la società e l’economia. Che tipo di contributo possono dare gli epidemiologi rispetto alla tentazione di indulgere a queste misure estreme, come nel caso dell’Italia?
Penso che dovremmo evitare la paura e il panico, e credo che molti esperti che parlano in televisione o sui media purtroppo instillano paura panico. Forse hanno buone intenzioni, non voglio biasimarli né dire che cercano di ottenere vantaggi personali. Forse pensano che, facendo così, salvano vite, ma in un certo senso probabilmente aggiungono disagi a calamità e questo peggiora la situazione. Dobbiamo fare un passo indietro, cercare di calmarci, provare a parlare mantenendo il metodo scientifico all’epicentro di ciò che stiamo dicendo, e il metodo scientifico prevede sano scetticismo, incertezza, distacco e e un modo non dogmatico di affrontare le cose. Ci sono state troppe reazioni estreme, alcune delle quali portate avanti anche da scienziati, specialmente quelli che vanno in televisione. Un paio di settimane fa ho pubblicato un articolo insieme con alcuni miei colleghi, in cui abbiamo osservato che gran parte degli esperti più esposti in televisione in diversi paesi tra cui Stati Uniti, Grecia, Svizzera e Danimarca, in realtà non ha pubblicato nulla su Covid-19! E gran parte di questi scienziati televisivi non sono neanche citati nella letteratura scientifica. Forse avevano le migliori intenzioni, ma penso che dovrebbero avere una migliore conoscenza di loro stessi, riconoscendo che, come scienziati, “l’unica cosa che sappiamo è che non sappiamo quasi nulla”: questo è quello che sento di poter dire di me stesso.
Intervista reperibile in video integrale sul canale YouTube di Maddalena Loy o sul sito maddalenaloy.com.