Nei film dell’orrore il momento di massimo pericolo è in genere verso metà pellicola, quando sembra (sottolineo: sembra) che l’assassino, il mostro, l’indemoniato siano stati sconfitti. È proprio allora che i “buoni” si rilassano, si distraggono, allentano la tensione e le difese: per esporsi inevitabilmente – a quel punto – al crudele e sanguinario colpo di coda del “cattivo”. Ecco, all’inizio della settimana che ci porterà alla formazione del nuovo governo, siamo esattamente qui.
Da quanto percepisco, nella mezza Italia abbondante alternativa alla sinistra ci sono due atteggiamenti diversi: chi (approccio maggioritario) guarda con fiducia, o almeno con attesa minimamente speranzosa l’arrivo di Mario Draghi, e chi invece (è la linea di Giorgia Meloni) resta diffidente. E, intendiamoci, ci sono valide ragioni che militano a favore sia del primo sia del secondo atteggiamento. Ma gli uni e gli altri – ecco il punto – avvertono un senso di profonda liberazione per essersi tolti di mezzo Giuseppe Conte, Rocco Casalino, e il loro ben noto “format”: più lockdown, più controllo della comunicazione, più economia depressa, più Arcuri “in charge of the situation”. Dunque, in questo “Conte liberation day” sta ciò che tutti percepiamo come il bicchiere mezzo pieno: poi si può discutere sul resto.
Ma proprio qui rischia di scattare la fregatura, anzi il calo di tensione fatale ai “buoni” del film dell’orrore che evocavo all’inizio come metafora. Il rischio è che, per le pressioni dei partiti o per quelle del Colle o nel tentativo di garantire una qualche continuità operativa, Mario Draghi si acconci a confermare alcuni dei ministri del governo Conte: si fanno i nomi di Roberto Speranza, Francesco Boccia, Dario Franceschini, oltre che dello stesso Giuseppe Conte.
Nulla di personale verso queste figure. Ma, se possiamo esprimere un suggerimento e un auspicio, sarebbe un errore esiziale se fossero mantenute ai loro posti, come – su un altro piano – se rimanessero in carica Domenico Arcuri e Pasquale Tridico, altre “icone” giallorosse.
È interesse in primo luogo di Draghi garantire la massima cesura possibile, la più ampia discontinuità immaginabile, rispetto a una stagione politicamente fallimentare. Comprendiamo che molte cose possano spingerlo in una direzione diversa, e che nella formazione di un esecutivo entrino in gioco diverse esigenze di equilibrio e di compromesso: ma, sia dal punto di vista dell’immagine, della “foto di gruppo”, sia dal punto di vista della sostanza, cioè del giudizio politico ed economico sul Conte bis, restare legati a quei volti significa assumere su di sé il loro bilancio, i loro errori, la loro cultura, la loro filosofia.
È un peso del quale occorre invece liberarsi. A meno di correre il rischio dell’ennesimo remake: “A volte ritornano”.
Daniele Capezzone, 8 febbraio 2021