Cultura, tv e spettacoli

L’esorcista del Papa (e la sagra del luogo comune)

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Ho visto L’esorcista del papa con Russell Crowe per dovere d’ufficio. Infatti non mi piace l’horror e, sul tema esorcismi, gli unici film che val la pena sono quelli della saga Conjuring, che sono tratti da storie vere. Invece, ne L’esorcista del papa di vero non c’è niente. Solo il nome di padre Gabriele Amorth. E basta. Nemmeno il protagonista è credibile, sarebbe stato meglio l’attore che fa Padre Brown nei telefilm, molto più somigliante all’originale. Nel film salvo solo lo scontro tra prelati progressisti che non credono al diavolo (perciò, neanche al Vangelo, e non si capisce perché non cambino mestiere) e l’esorcista, supportato – bontà sua – dal papa (Franco Nero, tutti gli altri attori sono di seconda fila). E, ma sì, salvo anche l’uso del latino, nell’esorcismo.

Nel film, «Amorth» dice che il latino è più efficace, ma una buona consulenza gli avrebbe fatto dire che senza latino non funziona proprio: è e rimane la lingua sacra dei cattolici, così come i musulmani hanno l’arabo e gli ebrei l’ebraico antico. E si guardano bene dal privarsene. La buona consulenza ce l’aveva il capostipite del genere, L’esorcista di William Friedkin, dove il diavolo infesta la giovane Regan perché questa si era messa a giocare con una Tavola Ouija. Infatti, nessuno può essere invasato senza invito: il diavolo non può toccarti se non lo chiami tu. E nel film-capostipite invade il prete giovane solo perché questo lo sfida: «Prendi me!». Invece, Amorth-Crowe si trova di fronte a un bambino posseduto non si sa come. Il diavolo, poi, passa disinvoltamente alla di lui sorella – teenager trojetta-style – senza che questa abbia fatto o detto alcunché.

Esilarante il bolso Crowe-Amorth che, mandato in Spagna per il caso urgente, ci va in vespa (!). E poi, la sagra del luogo comune: il passato nella Resistenza, l’abbazia medievale infestata (non se ne può più…), un grande amore nel passato del prete-spalla (etero, per fortuna, e tra adulti), l’Inquisizione spagnola «punto più nero della storia della Chiesa». Sì, per un regista americano, cui un Franco Cardini, debitamente consultato, avrebbe spiegato come proprio l’Inquisizione spagnola risparmiò alla penisola iberica le guerre di religione e la caccia alle streghe, tutti fenomeni di area nordeuropea: l’ultima strega fu bruciata in Svizzera a fine Settecento, e giusto perché nella Svizzera calvinista non poteva esserci l’Inquisizione.

Nel film Crowe spiega dottamente che l’Inquisizione spagnola parte nel 1475. Forse ho capito male io, ma mi risulta che i Re Cattolici solo dopo avere completato la Riconquista della Spagna ai musulmani, nel 1492, chiesero al papa il permesso di introdurre l’Inquisizione onde liberarsi di quanti, adesso, erano indotti a fare i furbi battezzandosi di corsa. E il papa titubò, finché non riuscì a imporre il domenicano Torquemada che, essendo di origine ebrea, avrebbe dato garanzie di imparzialità. Insomma, vent’anni dopo. Chicca finale: Amorth-Crowe, invasato a sua volta, si impicca (ma sopravvive). Il vero Amorth, prete cattolico, sarebbe morto posseduto pur di non commettere suicidio, peccato mortalissimo. Insomma, che dire? Se avete voglia di vedere uno stravagante pot-pourri accomodatevi, ma per quanto riguarda il tema Amorth-l’esorcista, è meglio che leggiate i suoi libri.

Rino Cammilleri, 11 maggio 2023