L’esperto inglese svela: “Così usciremo dalla pandemia”

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Come finirà la pandemia? Di sicuro, non “mitigando”, non svuotando gli stadi, non imponendo mascherine ovunque, non sbattendo gli alunni no vax (e pure quelli senza booster) in Dad, non somministrando richiami a tutta la popolazione, magari due volte l’anno per i prossimi… dieci anni, come pronosticava qualche giorno fa l’ad di Pfizer, Albert Bourla.

Una prospettiva un po’ diversa dall’isteria di casa nostra ce la offre il professor Francois Balloux, prof di biologia computazionale all’University College di Londra. Su Twitter, l’esperto inglese indica due condizioni: da un lato, l’immunità “ibrida”, costituita da un mix di vaccinazione e stimolazione degli anticorpi in seguito a un’infezione, che sarebbe “la più forte”; dall’altro, una “riesposizione ricorrente al Sars-Cov-2”, che a suo parere sarà proprio “ciò che porrà fine alla pandemia”.

Uno scenario che ci dovrebbe spingere a riconsiderare molte delle ossessioni che abbiamo inseguito in questi due anni, a cominciare dalla mai sopita illusione del Covid zero. Perché tutti quanti, ormai, ammettono che dovremo imparare a convivere con il virus, però al contempo premono per provvedimenti, anche molto costosi sul piano economico, sociale, psicologico, atti a limitarne la diffusione. Sta invece diventando sempre più evidente che, man mano che si consolidano varianti candidate a trasformare il Covid in una malattia endemica, la strategia della mitigazione (se non dell’eradicazione) del virus equivale a un tentativo di fermare il vento con le mani. Certo, matematicamente, più gente si contagia, più gente finisce in ospedale; ma a un certo punto bisognerà abituarsi a trasformare l’emergenza in ordinaria amministrazione, stabilendo un orizzonte di convivenza con una nuova patologia influenzale e respiratoria, che colpirà le popolazioni alla stessa maniera di quelle già esistenti.

Dunque, sicuramente bisogna procurarsi un primo schermo dal Covid attraverso la vaccinazione. Possibilmente, anche tramite il richiamo, che, come insegna proprio l’esempio inglese, offre un’ottima protezione dalle conseguenze gravi della malattia, a maggior ragione nelle fasi a elevata diffusione del virus. Dopodiché, non si potrà pensare di inocularsi in eterno booster periodici; e infatti, nel Regno Unito, i principali esperti che lavorano per Downing Street pensano a una strategia di tutela focalizzata sulle fasce più vulnerabili (anziani e fragili).

La chiave per gestire l’epidemia tra i sani, se interpretiamo bene le parole di Balloux, sarà invece quella di lasciare che i loro sistemi immunitari, progressivamente, si “allenino” a riconoscere e a contrastare il coronavirus, “incontrandolo” nella vita di tutti i giorni. Lo scudo del vaccino eviterà agli infettati un decorso infausto, dopodiché essi matureranno anticorpi più reattivi ed efficaci, in grado di fronteggiare sempre meglio le successive esposizioni all’agente patogeno.

Già, su questo Balloux è molto chiaro: possiamo aspettarci (come accade per le influenze stagionali) di rientrare periodicamente a contatto con il Sars-Cov-2. Ma il crescente grado di copertura della popolazione e la progressiva “ibridazione” tra immunità acquisita e immunità naturale dovrebbero rendere sempre meno aggressivo e disturbante quel virus che oggi ci tiene prigionieri. E che presto potrebbe trasformarsi in un microscopico ospite, quasi impercettibile.

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