Quasi 50mila morti, più di 13 milioni di profughi, danni materiali pari al valore di 600 miliardi di dollari. È questo lo scenario che investe l’Ucraina, a più di due mesi dall’inizio del conflitto.
In questi ultimi giorni, scontri a fuoco continuano a svolgersi nella regione del Donbass, tra le forze di resistenza ed i soldati separatisti, sostenuti economicamente e militarmente da Mosca. L’esercito ucraino sembra, però, avanzare a Kharkiv: i media locali affermano, infatti, che i russi avrebbero fatto saltare in aria tre ponti stradali per rallentare la controffensiva del nemico a Nord-Est del Paese. Sempre nel territorio più caldo, gli ucraini affermano di aver respinto otto attacchi russi e di aver abbattuto una quindicina di droni in un solo giorno.
Nel frattempo, l’Onu stima 180 casi di detenzioni arbitrarie e sparizioni di funzionari locali, giornalisti, attivisti, ex membri dell’esercito e civili, nei territori controllati da Mosca. Zelensky parla di “mancanza di accesso a farmaci e cibo” nelle zone sotto l’influenza del Cremlino; l’Ue dichiara di essere intenzionata a sanzionare anche il petrolio russo; Shell sta chiudendo i propri distributori di benzina in Russia; l’Ucraina ha bloccato le sue esportazioni di grano – terzo export europeo – da due mesi; Mosca è sanzionata dal mondo per quasi il 60% del suo Pil.
Se l’invio di armi all’Ucraina, da parte dell’Occidente, ha permesso di diluire il conflitto, di offrire più chance alla popolazione invasa di resistere e preoccupare seriamente le forze russe; oggi, c’è una dato fondamentale che non sembra essere preso in considerazione dai leader atlantici: fino a quando potrà estendersi il conflitto? Fino a quando Kiev potrà contare su una difesa numericamente valida, anche a fronte della maggiore sostenibilità da parte di Mosca?
In un’intervista su “Il Messaggero”, Gianandrea Gaiani, direttore del magazine online “Analisi Difesa”, ha ammesso “lo sforzo importante che i russi stanno compiendo”. Tuttavia, le riserve militari rimangono considerevoli e sufficienti per sostenere una guerra “concentrata su un’area definitiva, il Donbass, con puntate a Mykolayiv”. Tutto ciò sarebbe a vantaggio dell’invasore, proprio perché si parla di territori vicini al confine russo, all’occupata Crimea ed alle altre retrovie (continua a pagina 2).
Anche il conteggio dei morti da parte di Kiev non convince l’analista. Il governo Zelensky, infatti, stima almeno 25mila soldati russi caduti in battaglia. I numeri sembrano inattendibili per una ragione principale: ritenendo valida questa cifra, la teoria militare vorrebbe che i feriti fossero quattro per ogni morto. Quindi, “vi sarebbero 100mila soldati di Mosca feriti. Una cifra inverosimile”.
L’Ucraina ha perso molte risorse nei primi due mesi estenuanti della guerra. Proprio nelle ultime ore, i bombardamenti dell’Armata si sono concentrati proprio sui depositi di armi della resistenza. La strategia è quella di privare Kiev non solo dello sbocco sul Mar Nero – attraverso la conquista dell’intero Sud del Paese – ma anche di spremerla militarmente, sottraendole forniture di benzina e munizioni. Non è un caso che, solo nella giornata di ieri, i russi abbiano colpito almeno 60 bersagli in tutta l’Ucraina, fino ad arrivare a Leopoli, città vicino al confine con la Polonia.
Lo sforzo bellico russo rimane sostenibile, anche per una guerra a lungo termine. Gli ucraini non sembrano intenzionati ad arrendersi: le risorse, però, malgrado l’aiuto dell’Occidente, continuano a scarseggiare, i depositi ad essere bombardati o a finire sotto il controllo di Mosca, la carenza di cibo ed acqua aumenta a dismisura. Giorno dopo giorno, l’intero Paese resiste eroicamente. Ma lo scenario potrà mutare molto velocemente.
Matteo Milanesi, 7 maggio 2022