Cronaca

Mondo al contrario

L’Europa ci condanna: dobbiamo pagare gli immigrati

piantedosi ue migranti © sasaran-olteanus-image tramite Canva.com

Dal cuore della controversa questione dei diritti dei migranti in Europa, emerge una sentenza che suscita non poca polemica. Il centro della discussione è l’hotspot di Lampedusa, la struttura che è spesso al centro dell’attenzione per via della sua situazione di costante emergenza dovuta all’elevato numero di arrivi di migranti sull’isola siciliana. La Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha condannato l’Italia per le condizioni di vita e la detenzione di tre migranti tunisini tra il 2017 e il 2019.

Tre sentenze distinte hanno stabilito che i tre stranieri sono stati sottoposti a “un trattamento disumano e degradante” a causa delle condizioni di vita nell’hotspot. I giudici della Corte di Strasburgo sostengono che i tre migranti sono stati “arbitrariamente privati della loro libertà”, poiché sono stati trattenuti nell’hotspot “senza una base giuridica chiara e accessibile e in assenza di un provvedimento motivato che ne disponesse la detenzione”.

I dettagli della sentenza rivelano che i tre tunisini sono stati tenuti all’interno della struttura per periodi di tempo che vanno dai 17 giorni a oltre 2 mesi. Durante questo periodo, le condizioni all’interno dell’hotspot sarebbero state precarie: il luogo pare fosse sovraffollato, pare mancassero le condizioni igieniche adeguate e letti sufficienti. Uno dei tre migranti sarebbe rimasto nell’hotspot anche dopo lo scoppio di un incendio.

A seguito di questa sentenza, l’Italia è stata condannata a pagare a ciascuno dei tre migranti un risarcimento di 5 mila euro per “danni non pecuniari” e un’ulteriore somma di 4 mila euro per le spese legali. L’identità dei migranti non è stata rivelata, ma una cosa è certa: paga Pantalone.

È la seconda volta che l’Italia è condannata dalla Corte europea dei diritti umani per la questione Lampedusa. Lo scorso 30 marzo, la Corte accolse il ricorso di quattro tunisini per episodi risalenti al 2017, inclusi trattamenti inumani, privazione della libertà e respingimenti illegali.