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L’europeista involontario

trump europa Immagine generata da AI tramite DALL·E di OpenAI e © Henry & Co. tramite Canva.com
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Donald Trump ha affermato che tratterà con l’Unione Europea “come un unico blocco” e non con i singoli Stati. Lo dice con il solito stile ruvido, ma il messaggio va colto: i tempi in cui ogni Paese europeo si sedeva da solo al tavolo con le grandi potenze sono finiti.

Probabilmente è solo un modo per semplificarsi l’agenda, ma Trump conferma una regola valida anche per il commercio: i piccoli, se non si uniscono, sono destinati a soccombere. Vale nei mercati globali come nelle trattative internazionali. Sui dazi, quindi, l’interlocutore sarà l’Unione, non le sue particelle.

Il sovranismo antieuropeista è, certamente, un’idea affascinante: richiama la dignità della nazione, il primato dell’interesse nazionale, la fierezza dell’identità. Ma rischia di diventare autolesionistico se applicato alle dinamiche delle relazioni internazionali, dove non contano le peculiarità del singolo staterello, ma la forza contrattuale che solo i grandi numeri sanno garantire.

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Peraltro, l’acerbo sovranismo italiano è stato finora poco più di uno slogan, privo di una vera estrinsecazione. Nei fatti, spesso si traduce nell’ammiccare ai sovranisti esteri, quelli veri, che fanno apertamente gli interessi della propria nazione. Peccato che quegli interessi non coincidano quasi mai con quelli dell’Italia.

L’attuale Unione Europea non rappresenta il miglior modello possibile, ma la direzione è quella giusta e va migliorata, non abbandonata. Anzi, è arrivato il momento di porre finalmente attenzione alla costruzione di una vera Unione forte, credibile e autorevole. Di quella costruzione ci siamo disinteressati per anni, considerandola – erroneamente – una questione marginale, poco importante, tanto da mandare a Strasburgo, troppo spesso, esponenti politici magari preparatissimi, ma di cui non sapevamo che farcene in patria. Una sottovalutazione che oggi paghiamo cara.

Giorgio Carta, 11 aprile 2025

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