L’ha umiliato pure Pornhub, ma ora Tridico offende le imprese

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Dopo l’accusa del Pd, per il tramite del suo capogruppo alla Camera Graziano Delrio, alle imprese di essere inclini all’infedeltà fiscale, sempre un esponente della maggioranza rossogialla rincara la dose con il presidente dell’Inps Pasquale Tridico che rimprovera di «pigrizia» e «opportunismo» i commercianti dediti a giovarsi dei sussidi di Stato. L’invereconda provocazione di Tridico che, anziché chiedere scusa agli oltre 400 mila imprenditori che attendono la cassa integrazione, si permette di criticare i soggetti economici maggiormente falcidiati dalla crisi, a cui peraltro lo Stato lesina risposte, deve essere censurata ufficialmente dal premier Conte il cui silenzio equivarrebbe ad approvarne l’irrisione contro le imprese.

La logica anti-imprenditoriale non desiste a dichiararsi all’interno dell’accozzaglia “pentademocratica”, reiterando gratuiti insulti al ceto produttivo. Le imprese sulla propria pelle stanno patendo la latitanza del governo che è “celere” come un bradipo nel dare risposte alle durissime difficoltà generate dall’emergenza pandemica. Tridico dovrebbe dimettersi per la caotica gestione dell’istituto previdenziale il cui sito nei mesi scorsi andò in tilt, tanto che Pornhub si offrì in soccorso con i suoi server per fornire assistenza tecnica all’Ente previdenziale. Già allora Tridico avrebbe dovuto farsi da parte per manifesta incapacità, ma l’arroganza con cui le figure orbitanti nella galassia governativa  impongono la loro inettitudine al Paese non conosce limiti. Addirittura si sentono autorizzati ad infierire sulla categoria economica più esposta alla depressione con imputazioni di «pigrizia» e «opportunismo», quando l’indolenza e il trasformismo sono elementi distintivi della maggioranza rossogialla.

Intanto, Conte pensa agli Stati Generali sull’economia con la premura di improvvisare un’altra passerella mediatica in cui mostrarsi come designer di progettualità sbalorditive, ma dissociate dalla realtà. Inutile convocare gli Stati Generali per indicare priorità di cui ne conosciamo da anni l’insieme in un elenco inesaudito di interventi: burocrazia, giustizia, infrastrutture, pressione fiscale, costo dell’energia, digitalizzazione, etc.

Gli Stati Generali dovrebbero essere demandati ad un governo legittimato dalla volontà popolare che abbia la credibilità di indicare progetti con riferimento alla tempistica di realizzazione, ai costi e alle risorse. Diversamente, resta un corteo autoreferenziale per appagare la tronfia personalità dell’avvocato di Voltura Appula, ormai infatuatosi dei riflettori a cui non si nega, neanche per procurare i soliti sbadigli, pur di coltivare l’estatica contemplazione di sé.

Andrea Amata, 9 giugno 2020

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