Società

L'ex regina dei social

L’hanno santificata, ora la mollano: tutti giù dal carro Chiara Ferragni

Non solo i brand. L’influencer oggi è radioattiva pure per chi fino a ieri ne tesseva le lodi. Noi vi avevamo avvertito

Chiara Ferragni pandoro Balocco

Sai, lettore? A questo punto vien quasi voglia di mettersi dalla parte di Chiara Ferragni, questa sorta di Marnie Bannister disvelata in Satanik. Non per snobismo stupido o per amor del paradosso, per distinguersi nella canea o per il malinteso pietismo del cattolicesimo deteriore, quello che si intenerisce per il reprobo in ginocchio. Nessun perdono: chi specula sulla pelle dei piccoli gravemente malati non merita indulgenza, almeno per chi scrive, e lo spettacolo degli dèi di cartone nella polvere gli riesce consolante come la giustizia divina quando infine si palesa.

Il fatto è che per uno che si gioca sempre l’impopolarità dello scriver chiaro, la carica di quanti adesso corrono a fare le pulci e i conti in tasca a questi persuasori del nulla, sospettati dei peggiori cinismi, è insopportabile. Perché non è proprio vero che tutto accade d’incanto e magari per esclusiva colpa dei ritardati sociali, dei suggestionabili: se Chiara, se i Ferragnez hanno potuto accumulare a 30 anni una fortuna da nababbi, che ai tempi del capitalismo “delle cose” non si metteva insieme in una vita di produzione, è anche, se non soprattutto, perché hanno potuto contare su una fabbrica del fumo alimentata dal panorama informativo pressoché al completo.

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Da almeno 15 anni – chi scrive non teme smentita, perché si è occupato della faccenda con un libro autoprodotto, e documentato, un anno fa – non c’è stato medium che non corresse ad esaltare questi incerti persuasori del nulla in quanto tali, sorta di profezia autoadempiente sulla sola base dei seguaci, ossia dei fatturati, dei soldi che riuscivano a spremere da una platea di sprovveduti, coi metodi e i mezzi più spregiudicati e più discutibili. E stava bene a tutti. Tutti sapevano dei loro metodi, delle loro finzioni, che non sono solo di questa coppia totemica, archetipica. L’esaltazione era demenziale e circolare:  i media si esaltavano nella agiografia oltre la tariffa, spacciando per opere sociali quelle che erano, nella consapevolezza generale, autentiche furbate da tenere sommerse il più possibile.

Adesso, come è fatale, assistiamo al fuggi fuggi dalla coppia non più favolosa, improvvisamente radioattiva: ed è qui che vien quasi la tentazione di difenderli. Perché si aprirebbe una questione sulla quale viceversa tagliamo corto, limitandoci ad accennarla: in cosa consiste questo maledetto lavoro del cronista? Nel meretricio pubblicitario che usa oggi e che mette tutti d’accordo o nell’ostinarsi a rompere i coglioni non per il puro gusto di romperli ma perché sai, vedi che le cose non tornano e allora non ti tieni dal dirlo? Ti preservi o ti metti contro la diplomazia dei circoli come l’ultimo degli imbecilli?

Non oggi, non ieri, non con l’ultimo pandoro avvelenato, ma all’incirca un anno fa su questa testata chi scrive tentava di raccontare dinamiche e meccanismi dei Ferragnez a Sanremez: avevamo capito, tutti qua dentro, che la faccenda andava oltre e molto oltre l’aspetto ludico, la parvenza rutilante dell’ospitata della influencer più o meno inetta alla massima manifestazione televisiva nazionale; avevamo colto le implicazioni politico-finanziarie, dunque di puro potere, e ci pareva inaccettabile non rimarcarle, così come, nel giusto orgoglio, ci coglieva un certo sconforto constatare di essere gli unici ad avventurarci su un terreno minato.

Pareva impossibile, ma si doveva avere paura di fare le bucce a Ama, Ciuri e Chiara Ferragni, questa ragazzina incapace di leggere una letterina infantile a se stessa! Ma poi in quel circo del potere calò, con tutto il peso di una autorità quasi sovrana, Mattarella in persona calò a ribadire il potere fattosi regime, a blindare le chiusure anticostituzionali che insistevano da due anni e due Festival, e allo stesso tempo a far sapere, in quel modo sfingeo, di potere, che la Costituzione poteva venire ripescata dall’armadio in cui l’avevano chiusa: il compito veniva affidato al giullare di corte Benigni, che da par suo si produceva in uno spottone per il governo, per il partito egemone, per la Carta “più bella del mondo”, per il Capo dello Stato riverito in termini medievali.

In quella cornice, Ferragni – si rilegga per credere – appariva in funzione di interfaccia se non epitome, del potere, della sua epifania. Già in odor di candidatura (col solito partito egemone), accolta in un alone di servilismo che impediva di coglierne, di ammetterne i limiti, la pochezza, l’insensatezza in quel contesto artistico, lei che al massimo aveva “presentato” qualche filmatino su Instagram.

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Andò a finire in tragicommedia, come tutti ricorderanno: eppure, anche dopo una tale disfatta i corifei non smisero di cantarne le laudi. Fino alla Nemesi, che è come il Natale: prima o dopo arriva, perché il destino è come il gatto, puoi tiragli la coda per anni e non si ribella, non fa niente, poi, apparentemente senza una ragione, ti scaglia la zampata che si squarcia con gli artigli. Sai, lettore? Non fummo noi a prenderti per il culo, ma chi non ha visto niente per 15 anni, non vedeva niente un anno fa, e vede fin troppo oggi. Perché anche questo dobbiamo dirti chiaro: nel giro politico-pubblicitario che mette insieme potere, burocrazia, media e affari, insomma il regime, niente resta in ombra: tutti sanno tutto di tutti – e tutti tacciono, fino a nuovo ordine. Quando esce la Dagospia o la Striscia della situazione, è perché i tempi sono maturi e qualcuno si è mosso, si è rotto i coglioni, il gatto ha scagliato la zampata. E allora cominciano le risatine malevole e il distanziamento sociale, si parte con lo scavo a ritroso e i conti in tasca. Ha detto una cosa vera la sorella di Chiara: “Adesso si ricordano solo dei tuoi errori”. Come a dire: eppure li conoscevano anche prima, cosa è successo?

È successo quello che succede sempre. È successo che tua sorella e il suo marito, ma di più socio in affari, si erano fatti troppo tronfi, si comportavano da padroni in casa d’altri, il banchetto, per quanto sontuoso, non gli bastava più, puntavano a salire sul tavolo e qualcuno deve avere deciso che poteva bastare. Che dal tavolo dovevano cadere. Un impresario? Uno sponsor? Un politico? Uno che se l’era legata al dito dopo un’arroganza plateale, uno sgarbo da non concedersi? O, semplicemente, una faida interna al partito egemone, come sempre più rumorosamente si sente mormorare?

Fate vobis: qualcosa è successo, qualcuno ha capovolto il pollice. Adesso non troverete più le Chiara Valerio stendere il panegirico della compagna Chiara Ferragni, adesso, la difesa d’ufficio di Maria Laura Rodotà sembra più la strampalataggine di una attempata compagna fuori fase e fuori tempo. Si ipotizza anche una ospitata d’emergenza dal solito Fabio Fazio, che però non sarebbe più tanto convinto: il ragazzo è mellifluo ma sa leggere i segnali: dopo la rotta del pandoro, il Tg1, primo notiziario nazionale e di Stato, ha addirittura aperto con la Madonnina infilzata da se stessa: e tutti sanno che l’apertura, il Tg1 non la sceglie a caso: si riserva a guerre, sciagure, disastri epocali, crisi di governo e roba del genere, previo giro di telefonate fra la struttura, i principali quotidiani, le segreterie dei principali partiti, col benestare o almeno il nulla osta di Colle e Palazzo Chigi.

Se sono arrivati, in modo apparentemente incredibile, ad aprire su una influencer e sui suoi garbugli affaristici, anziché relegarla nella seconda parte, quando le notizie evaporano, vuol dire che c’erano state pressioni da caterpillar. Il servizio, non a caso, viaggiava sull’agiografico, in quel modo peloso che finge di non nascondere niente: Chiara che, “comunque la si pensi”, ci mette la faccia, che la beneficenza la fa, che è vittima degli odiatori da tastiera. Una marchetta incredibile, che perfino a noi, vecchie puttane del mestiere, era sembrata pazzesca e vergognosa. Il giorno dopo, con la replica delle uova di Pasqua, il telegiornale ammiraglio non la difendeva più e dava la notizia asettica, verso la fine. Segno evidente, inequivocabile, che a quel punto l’ombrello si era chiuso, la protezione finita.

Sai, lettore, funziona così. Tu nel tuo scetticismo integrale, ma molto ingenuo, credi di aver capito tutto, di sapere tutto: ma il mercato delle news risponde anche quello a logiche, a dinamiche geometriche che ai non addetti sfuggono. È a cerchi inanellati, come quelli delle Olimpiadi: è “la politica che è il ramo spettacolare dell’industria” come cinicamente diceva Frank Zappa. Noi queste dinamiche te le squaderniamo, con la stessa onestà con cui ti avvertivamo un anno fa: Ferragni a Sanremo non è solo show e non è solo business, è qualcosa di più complesso e magari inquietante. Un anno dopo, giudica tu. Odiaci o amaci, ma devi sapere che, almeno qui, hai a che fare con chi i padreterni li attacca quando sono onnipotenti. Non quando sono caduti.

Max Del Papa, 22 dicembre 2023

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