Il fascismo degli antifascisti, la violenza brutale di chi sventola la bandiera della pace (a giorni alterni). La Giornata contro la violenza sulle donne si è trasformato in una sorta di regolamento di conti per femministe e trans di Non una di meno, protagoniste di una manifestazione a Roma alquanto bizzarra tra Tav, Palestina e simili. Sì perché il corteo si è trasformato in un assalto contro la sede di Pro Vita & Famiglia di viale Manzoni: lanci di bottiglie, fumogeni e scontri con gli agenti. Ma non è tutto.
All’interno della struttura di riferimento di Pro Vita & Famiglia la polizia ha trovato un ordigno esplosivo. Non esattamente un petardo secondo gli esperti, ma un marchingegno confezionato da mani esperte e ripieno di polvere pirica. In altri termini, in caso di esplosione avrebbe provocato gravi danni. Un episodio con fermezza anche dal primo ministro Giorgia Meloni – un po’ meno dalla sinistra, ma non siamo sorpresi.
Questo è l'ordigno esplosivo rinvenuto dalla Polizia nella nostra sede dopo l'assalto da parte di alcuni partecipanti al corteo di Non Una Di Meno di sabato scorso.
L'oggetto, buttato dentro la sede tramite una vetrina sfondata dietro le grate della serranda, è stato analizzato… pic.twitter.com/pNmzd9OyM8
— Pro Vita & Famiglia (@ProVitaFamiglia) November 27, 2023
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Non paghe dell’azione contro Pro Vita, le attiviste di Non una di meno hanno rivendicato l’attacco con orgoglio. Il linguaggio rimanda a tempi bui: “Abbiamo sanzionato la sede di ProVita&Famiglia, espressione del patriarcato becero e anti-scelta. Sui nostri corpi scegliamo noi! In Italia l’accesso all’aborto continua a essere ostacolato e negato”. Tra una schwa e l’altra, non è mancato naturalmente il piantolino per gli scontri con gli agenti, “rei” di aver arginato le violenze.
La geniale teoria delle transfemministe è ormai chiara: nella Giornata contro la violenza sulle donne non tutte le donne meritano di essere difese, basti pensare alle attiviste di Pro Vita. Come se possa esserci una distinzione: alcune vanno difese, altre possono essere condannate a morte. Ma non si tratta dell’unico esempio possibile: certe associazioni sono note per difendere con le unghie e con i denti le donne palestinesi, senza spendere una parola per le donne israeliane, molte delle quali vittime di stupri e violenze da parte dei terroristi di Hamas. Ma ribadiamo: non siamo sorpresi.