In questi anni ci siamo abituati all’assordante silenzio dell’Unione europea quando si parla di cristianesimo, nessuna parola sui cristiani perseguitati nel mondo, sui preti uccisi in Europa, sulle chiese e le immagini sacre distrutte e profanate nelle nostre nazioni.
Un tentativo non solo di negare ma anche di cancellare le radici cristiane secondo il principio che il filosofo conservatore Roger Scruton ha definito “oikophobia”, odio della propria casa. Stupisce perciò sentire l’Ue parlare di religione e di cristianesimo, se non fosse che la Commissione europea ha rotto il suo decennale silenzio per proporre lo “stop alle messe di Natale in presenza” per sostituirle con “eventi online o in tv”.
Una proposta nata ufficialmente per diminuire i rischi di assembramento e di contagio ma che sembra nascondere un tentativo di accelerare il processo di secolarizzazione già in atto da tempo. Il solo fatto di mettere sullo stesso piano una funzione in presenza rispetto a un evento religioso online o in televisione, è significativo dello scarso rispetto verso i fedeli dimostrato dalle istituzioni europee.
Chiunque frequenti una chiesa in questi mesi è a conoscenza del rispetto delle regole di distanziamento e dei rigidi protocolli sanitari, non c’è nessuna ragione per impedire le funzioni religiose. Verrebbe da dire perché i centri commerciali sì e le chiese no? Ma non è nemmeno questo il punto, così come è importante tenere in considerazione le ragioni dell’economia, allo stesso modo occorre avere massimo riguardo per gli aspetti spirituali, soprattutto in questo momento in cui le persone sono già duramente provate da un punto di vista psicologico. Non si può trattare la religione come se fosse un qualsiasi ambito della società.
C’è poi un altro risvolto molto grave nelle parole della commissione europea e riguarda il diritto alla libertà di culto alla base di ogni democrazia. Sospendendo le funzioni religiose, si contraddice la libertà di professare la propria fede.
Privare i fedeli del Natale in questo momento, significa negare una speranza ai bambini, agli anziani, alle persone sole, alle famiglie che si aggrappano alla spiritualità come una speranza per superare non solo le difficoltà ma anche in alcuni casi la perdita dei propri cari. Un conforto che nessun evento online o celebrazione in televisione può sostituire.
Francesco Giubilei, 1º dicembre 2020