Liguria, flop M5S: cosa succede ora a Conte e Schlein

Orlando sconfitto da Bucci grazie ai disastri del campo largo. E ora si apre il processo tra compagni

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conte schlein

Sembrava fatta. Dopo l’inchiesta per corruzione che ha costretto Giovanni Toti a rassegnare le dimissioni da presidente della Liguria la sinistra aveva le idee chiare: la regione sarà nostra. Campagna forcaiola, intrisa di giustizialismo, e l’assetto già rodato altrove: un’accozzaglia senza senso e con poche cose in comune, se non l’ambizione di sconfiggere il centrodestra. In più, il tentativo di sparigliare con “Report” a urne aperte. Niente effetto Ranucci, anche se qualcuno ci aveva sperato. Dispiace. Insomma, nonostante tutto ciò, la sinistra è riuscita a perdere: Marco Bucci ha sconfitto Andrea Orlando e sarà lui a guidare la Liguria.

In realtà è tutto molto semplice: la sinistra non aveva fatto i conti con gli elettori. Non tutti si fanno abbindolare. Un disastro incredibile che pone più di un dubbio sul futuro del campo largo. Se il Partito Democratico ha raccolto il 28 per cento, confermandosi primo partito della regione, il Movimento 5 Stelle ha registrato una percentuale misera, sotto il 5 per cento. Nella terra di Beppe Grillo, che non è neanche andato a votare dopo lo scontro al vetriolo con Giuseppe Conte. Come lui probabilmente tanti movimentisti della prima ora, tornati a rifugiarsi nell’astensionismo.

Immaginiamo le risate del comico genovese, con i pentastellati superati persino dall’alleanza Verdi-Sinistra. Una Caporetto. E attenzione. C’è chi ha il coraggio di dare la colpa proprio a Grillo come Vittoria Baldino: “Io francamente non credo che si possa fare un’addizione o una sottrazione con la calcolatrice per sapere matematicamente se con uno di Italia viva avremmo vinto le elezioni perché parte di Italia viva appoggiava Bucci, ma con tutta franchezza credo anche io che il video di Grillo, nel giorno del silenzio elettorale, abbia disorientato il nostro elettorato. E’ molto più facile distruggere che costruire e noi stiamo costruendo”. Robe da matti.

E cosa ne sarà del percorso di costruzione dell’alternativa alla Meloni? Le liti e i veti incrociati all’interno della coalizione hanno complicato il percorso di Orlando, considerato da molti un candidato debole, nonostante la strada in discesa. Il Pd balla da solo, questo è chiaro a tutti. Ma questo non significa che la Schlein non abbia delle responsabilità: è stata lei ad accettare i diktat di Conte, estromettendo Renzi dall’alleanza e forse quei voti che avrebbero potuto fare la differenza. “Noi abbiamo fatto la nostra parte, il tema riguarda gli alleati” il commento amaro di Dario Nardella. L’area riformista dem chiederà delucidazioni alla segretaria: l’asse è troppo spostato a sinistra, manca la proposta centrista. Con solo Fratoianni e Bonelli non si va da nessuna parte.

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Il crollo del M5s sta nei numeri. I pentastellati sono passati dal 10 per cento delle europee al 5 per cento. Un tracollo senza attenuanti. Nonostante ciò, Giuseppi continua a tirare dritto, convinto che la sua poltrona sia intoccabile: “Se il voto in Liguria ha segnato un’astensione record, che conferma il trend negativo dell’affluenza già registrato a giugno, bisogna capire una volta per tutte che non si può barattare la credibilità di un progetto politico con gli interessi di qualche gruppo di potere pronto a spostare il proprio pacchetto di voti alla corte del miglior offerente. La credibilità del M5S è sempre stata quella di non piegarsi a queste logiche, un valore aggiunto per la politica di questo Paese”. Anziché stare zitto e contenere i danni, l’autoproclamato avvocato del popolo ha ribadito il suo veto a Renzi, che “avrebbe solo fatto perdere ancor più voti al M5S e quindi alla coalizione”.

Il campo largo fallisce un esame elettorale che doveva essergli congeniale per diversi motivi e ora si apriranno profonde riflessioni. La coalizione è una polveriera, un tutti contro tutti senza una visione e con un unico obiettivo, provare a battere – in un modo o nell’altro – il centrodestra. Senza proposte non si va lontano e i sondaggi nazionali dopo due anni di governo lo confermano: anziché perdere consensi, il centrodestra resta nettamente avanti. Emblematico il dato di FdI, partito di Giorgia Meloni, che continua a macinare preferenze. Umbria ed Emilia-Romagna rappresentano due crocevia fondamentali, ma una cosa è sicura: il desiderio del 3-0 e della crisi di governo è già sfumato. Evidentemente anche questa volta non li hanno visti arrivare

Franco Lodige, 29 ottobre 2024

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