Liguria, le elezioni le ha “vinte” Beppe Grillo

Le tre verità sul voto che ha eletto Marco Bucci: l’irrilevanza dei giudici, il crollo del M5S e Meloni che tira un sospiro di sollievo

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Il 27 e 28 ottobre si è votato per le elezioni regionali in Liguria, a seguito delle dimissioni del Presidente uscente, Giovanni Toti, per le vicende giudiziarie a tutti oramai note. Nonostante l’intervento della magistratura, che in altri tempi avrebbe fatto stravincere la parte avversa a quella colpita, il centrodestra ha rivinto le elezioni. Il candidato presidente Marco Bucci, già sindaco di Genova, ottiene il 48,77% dei voti, mentre lo sfidante, Andrea Orlando, sostenuto dal campo largo Pd-M5s-Avs, si ferma al 47,36%. Un distacco minimo, pari all’1,41%, appena 8.424 voti di differenza. Se si considera che l’affluenza è stata tra le più basse di sempre (appena il 45,97%), la vittoria di Bucci si può considerare al fotofinish.

Nel mezzo, cioè pochi giorni prima la chiusura della campagna elettorale, l’intervento di Beppe Grillo che ha rivendicato “il diritto di estinzione” del M5s, e la replica assurda di Giuseppe Conte, che invece di ricomporre la spaccatura ha mostrato ciò che in psicologia è definita “sindrome rancorosa del beneficiario”. Tutti i maggiori commentatori si sono ben presto affrettati a creare un argine tra Grillo e Conte, sostenendo che le dichiarazioni di Grillo non avrebbero sottratto al M5s neppure un voto. Ma così non è stato.

Se leggiamo i dati, alle elezioni di domenica e lunedì il M5s ha ottenuto appena il 4,56% (1 seggio), mentre alle regionali del 2020 – sempre all’interno del campo largo – ottenne il 7,78% (2 seggi). Se si considera che nel 2020 il candidato presidente di centrodestra distanziò quello di centrosinistra di ben 17 punti percentuali, e che invece domenica e lunedì Bucci ha distanziato Orlando di appena l’1,41%, è evidente che la flessione in termini di consenso del M5s – che ha perso rispetto al 2020 il 3,22% di voti – è stata determinante per la sconfitta di Orlando e del campo largo. Se poi leggiamo i dati complessivi delle liste (era ammesso il voto disgiunto), il distacco è addirittura più sottile: centrodestra 48,34% – centrosinistra 47,87%; una forbice di appena lo 0,47% dei voti.

Chi dice quindi che Grillo non conta più niente, praticamente non ha capito nulla. Le elezioni in Liguria questa volta le ha vinte Grillo che ha fatto perdere il M5s. Può sembrare un ossimoro, ma come si è visto non lo è.

Bene, anzi, molto bene, è andato il Pd, che porta a casa un sonoro 28,47% (8 seggi), quasi dieci punti percentuali in più rispetto a quattro anni fa, quando si fermò al 19,89%. Bene anche FdI. Il partito della Presidente del Consiglio conquista il 15,08%, quasi cinque punti percentuali in più rispetto al 2020, quando prese il 10,87%. La Lega si ferma invece all’8,47%, mentre quattro anni fa ottenne il 17,14%. C’è da dire però che la lista del candidato presidente, che ha ottenuto il 9,46%, ha sottratto parecchi voti al partito di Salvini, cosa che il Ministro dei Trasporti aveva messo in conto essendo Bucci della sua medesima area politica. La Lega supera comunque Forza Italia, che ottiene il 7,98%, quasi tre punti percentuali in più rispetto al 2020, quando la lista più votata fu comunque quella dell’allora candidato presidente Giovanni Toti.

Al centrodestra guidato da Bucci è dunque scattato il premio di maggioranza (18 seggi): FdI ottiene 5 scranni, tutte le altre liste della coalizione 3 seggi ciascuna (più il seggio del presidente). Al centrosinistra 13 seggi. Tutti gli altri candidati non hanno raggiunto la soglia di sbarramento.

Insomma, tre sono i dati politici che emergono da queste elezioni regionali in Liguria:

1) che la magistratura non è più in grado di imprimere in modo decisivo sulle scelte degli elettori;

2) che Grillo, entrando a gamba tesa in campagna elettorale a pochi giorni dal voto, ha determinato la sconfitta di tutto il centrosinistra e una importante flessione di voti per il M5S;

3) che Giorgia Meloni è fortunata. Avendo la premier partecipato al comizio conclusivo della campagna elettorale, una sconfitta di Bucci sarebbe stata anche una sconfitta del governo. E invece oggi governo e maggioranza possono tirare un sospiro di sollievo.

Paolo Becchi e Giuseppe Palma, 30 ottobre 2024

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