Lo hanno definito in tutti i modi: dittatoriale, scorbutico, “incazzevole”. È tutto vero; forse per questi motivi e molti altri inclusa una volontà di ferro che neppure una malattia grave ha piegato, Marco Bucci torna, esattamente come aveva fatto per Genova all’indomani del crollo del Ponte Morandi, ad accendere una luce in fondo al tunnel. Molti sostengono che l’appello dei leader di governo è stato così pressante da non poter essere respinto.
Conoscendo Marco Bucci, la verità forse va ricercata altrove. E mi piace citare due frasi. Una di uno scrittore, Charles Bukowski: “Resistere significa semplicemente tirare fuori i coglioni, e meno sono le chances più dolce è la vittoria”. La seconda ancora più sbrigativa, sembra un ritratto del sindaco di Genova: “Un campione è qualcuno che si alza quando non può.” Parola di Jack Dempsey, uno degli indimenticabili della boxe mondiale. Ma più di ogni commento personale, che sarà tacciato di essere di parte, meglio di ogni altro è stato lo stesso Bucci a sintetizzare i perché di una scelta definita da molti folle non fosse altro perché assunta a pochi giorni da trenta sedute di radioterapia.
“Cari liguri,
ho deciso di candidarmi alla presidenza della Regione Liguria. L’ho fatto convinto che questo sia un impegno necessario per poter proseguire un lavoro di crescita e sviluppo che la nostra terra ha iniziato nel 2015 e quella visione di città che vede Genova protagonista dal 2017. È troppo alto il rischio che in futuro la Liguria possa essere amministrata dai signori del ‘no’ a tutto. Non ci possiamo permettere di fermare le tante opere e i progetti messi in piedi in questi anni che hanno restituito orgoglio a tutti i cittadini e una grande visione internazionale al nostro territorio. Abbiamo costruito insieme tanto, vogliamo una Liguria che guardi avanti senza veti né ostacoli, che non abbia paura di innovare, che non si arrenda davanti alle difficoltà, ma che sappia affrontarle con la forza e la determinazione che da sempre ci caratterizzano”.
“Qualche mese fa – prosegue – ho rinunciato a candidarmi per due motivi precisi: la volontà di rispettare l’impegno preso con i genovesi sino a giugno 2027 e le mie condizioni di salute. Ma negli ultimi giorni ho ricevuto richieste da tutti i leader politici del centrodestra e dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni con la quale ho avuto un colloquio lungo e amichevole. In queste ultime settimane mi sono accorto che il modo migliore per garantire il completamento delle opere e dei progetti che abbiamo iniziato, è quello di estendere il nostro metodo di lavoro a tutta la Liguria. Genova è rinata grazie alla visione di una città che ha saputo reinventarsi, senza mai tradire la sua anima. Oggi, questa visione deve diventare il motore di tutta la Liguria. Le sfide non mancheranno, ma sono certo che insieme, uniti, possiamo fare la differenza. Io ci credo. Credo nella nostra gente, nelle nostre radici e nelle nostre potenzialità. Insieme possiamo costruire una regione forte, innovativa e sostenibile, dove il ‘fare’ vince sul ‘no’.
Ai liguri voglio fare due promesse. Mi impegnerò con tutte le mie energie per vincere e guidare la Liguria ad essere un’importante regione a livello internazionale. Il posto migliore dove vivere, lavorare e trascorrere il tempo libero. Per la mia salute: continuerò a lavorare come ho sempre fatto e a seguire le prescrizioni mediche che mi verranno date dai bravi medici e dal personale sanitario in cui confido al 100%. Mettiamoci subito al lavoro per noi e per i nostri figli! Forza Genova, forza Liguria!”.
Un proclama del fare scritto da un uomo che ha costruito la sua credibilità sul rispetto degli impegni assunti, così come sulla capacità di affermare sempre e comunque il suo pensiero. Il 14 agosto del 2018 a poco più di un anno dalla sua nomina a sorpresa a sindaco di una città grigia e depressa come era Genova Bucci ha affrontato la tragedia del Morandi, il ponte autostradale crollato nel greto del Polcevera, non ponendo corone o piangendo sul declino. Ha onorato le vittime e la città ricostruendo quel collegamento vitale in poco più di un anno. E la città da quel momento ha capito che poteva sperare, che aveva un futuro.
Di lui raccontano che anche dal grande cortile di Palazzo Tursi, sede del Comune di Genova, si sentono le sue urla quando qualcuno anche dei suoi fedelissimi rinvia anche solo di poche ore, l’esecuzione di un provvedimento, una decisione, una scelta, una firma. Anche quando la bufera giudiziaria che ha investito proprio la Regione Liguria che Bucci si candida a governare, il sindaco ha tenuto saldamente la barra in mano e da esperto velista quale è ha cavalcato il vento, ad onta dei tanti ancorati ancora nel vecchio vizio del “mugugno”, e di chi nei suoi modi irrispettosi della burocrazia malata individuava da tempo immemore un viatico per inchieste a suo carico.
In una città rinata essenzialmente per le scosse elettriche che neanche per un giorno ha cessato di imporre sia come sindaco sia come Commissario alle grandi opere infrastrutturali concentrate nel Pnrr sul territorio ligure, Bucci oggi torna al timone, per una sfida che disdegna la bolina e che sceglie sempre e comunque il vento impetuoso che – come cantava Pierangelo Bertoli – “soffia ancora, spruzza l’acqua alle navi sulla prora”.
Bruno Dardani, 12 settembre 2024
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