Mentre a Verona va in scena l’asilo Mariuccia degli inclusivi che col pretesto di uno pseudo albero di Natale “laico”, un obbrobrio che è la negazione di ogni significato e gusto estetico, si rinfacciano le accuse, sei più frocia tu chiesa, no più frocio tu comune, a Treviso, stessa regione, un povero cristo di 53 anni muore di freddo in un box dove si era ridotto a vivere una volta cacciato da casa. Perso il lavoro, perse le ultime presenze, perso il suo angelo custode, perso tutto, Marco Magrin si è spento come si spegne una candela che non fa rumore, fra i brividi, neppure una stufetta, si è spento in un baratro di desolazione ed è una morte davvero in croce, la lucidità che lentamente si arrende, l’ipotermia, il film della tua vita che scorre sbiadendo in una danza di rimpianti, il cuore che rallenta, rallenta, si addormenta anche lui in un silenzio di spine, il silenzio dell’umanità.
Nel Trevigiano che bene o male resta una delle regioni più ricche d’Europa? Davvero nessuno sapeva? Nessuno ha capito, ha sospettato non vedendo più un uomo nei paraggi? Davvero nessuno si è accorto che il fantasma di un uomo si era ridotto a crepare in una gabbia di niente, tra pareti di abbandono?
Pare inconcepibile ma sì, nell’Italia del 2024, nell’anno di disgazia 2024 si può morire così, precipitando per lo strappo in una sacca di benessere. Sapete chi è stato a lasciare senza casa questo cristo di nessuno? L’ereditiero di un centro sociale, un “attivista” per le occupazioni. Uno di quelli che passano la vita a sbraitare contro i governi fascisti e razzisti che condannano i migranti all’inferno in terra, contro i capitalisti avidi che si voltano dall’altra parte se un povero muore. Gli era piovuta addosso la provvidenza di una casa da una zia e il militante Andrea Berta, lungi dal metterla a disposizione dei senza tetto, dei migranti, degli ultimi della terra, l’aveva rivoluta libera perché i compagni appena possono diventano ossimori: proletari capitalisti, rivoluzionari redditieri, antagonisti bancari.
Non avendo lo sventurato inquilino pagato la pigione, il compagno equo e solidale per un mondo senza padroni né sfruttati, senza proprietari né schiavi, senza proprietari né derelitti, lo ha invitato ad andarsene, ha cambiato la serratura e poi è andato a manifestare per l’equità di Ilaria Salis, la occupatrice seriale che predica l’elogio dell’illegalità diffusa, del sottrarre le case ai poveri per tenersele loro o darle a quelli del giro. Robin Hood in pubblico, investitori senza scrupoli in privato.
Non che affittare una casa sia una cosa crudele o ingiusta, ci mancherebbe: ma questa è la logica di chi predica in un modo e si comporta nel modo opposto: e in entrambi i casi la logica fa schifo, se c’è una cosa buona nel comunismo è che prima o dopo ti mette di fronte alla tua vergogna anche se non la provi. Capite, l’anarcoide che difende gli occupatori, che sfila per gli occupatori, disoccupa uno che semplicemente non ce la fa più, si arrende e si ritrova costretto a sopravvivere nel modo più umiliante, come un cane in un box, e puntualmente come un cane muore mentre il mondo che non si accorge, che lo ha già espulso, si addobba a festa, con le luci urlanti, con le vetrine piene.
Qui potrebbe dipingersi sullo schermo la scritta fatale, “Fine”, in caratteri mesti; ma non è Frank Capra, è Tom Waits che sprofonda in Monicelli, in Dino Risi, non c’è fine allo squallore perché se il compagno immobiliare tradisce una esemplare indifferenza, “Non sapevo fosse finito in un garage”, se il resto della comunità casca delle nuvole come manco nelle terre di mafia, subito parte la gazzarra ignobile tra i compagni del centro sociale Caminantes, un nome che è tutto un proclama, e il Comune, che è a guida destra e sul quale è facile dirottare la colpa: giù con la retorica più sfrontata, giù con lo scaricabarile, quel poverocristo siete voi ad averlo scaricato, no, voi lo avete scaricato di più.
Uno spettacolo indegno, da nuovi mostri, sapete, quando l’imbarazzo è talmente maleodorante che tutti se lo scaricano addosso a vicenda come verdura marcita. Adesso il compagno proprietario dice che destinerà l’immobile “ad usi sociali”: sì, certo, immaginiamo, già ci affiora in mente Chiara Ferragni; nella commedia crudele poteva poi non infilarsi la immancabile, instancabile, irrinunciabile Ilaria Salis? Già che c’è, dà fondo o all’ennesima figuraccia da inadeguata a tutto o da professionista del cinismo (dipende dal dilemma militante: crediamo alla buona fede della sventatezza o alla professionalità del cinismo?): “Sfrattato ma con lavoro non trovava casa, morto forse (sic!) a causa del freddo nel garage dove viveva a Treviso. La casa è un diritto universale. Non certo le occupazioni di alloggi popolari sfitti e abbandonati, ma l’assenza di politiche abitative per tutti è il vero crimine. Mai più case senza gente, mai più gente senza casa!”. Ed è uno del suo giro ad aver lasciato “senza casa” quel povero cristo.
Volendo sragionare alla maniera di Elena Cecchettin, di Francesca Ghio e di tutti quelli che la buttano a mucchio, o in vacca, di quel poveretto morto di freddo “siete tutti responsabili”: in questo caso con un margine di fondatezza sillogistica in più. Un tale disgusto, che non trovi più parole, più invettive, ti sale solo una stanchezza, una desolazione che risucchia, divora dentro e svuota. Ma l’ipocrisia non è reato, l’incoerenza opportunistica è una virtù, il karma una leggenda, a chi ha sarà dato, in immobili, a chi non ha sarà tolto, dai guerriglieri del bene, e così tutti si faranno il loro Natale laico, rivoluzionario, militante, attivista, caminante, migrante, inclusivo del cazzo. Antagonisti e contenti. Un Marco Magrin è morto congelato, se lo rimpalla la propaganda degli indifferenti, dei farisei, dei dritti, ma la sua è la storia di un disgraziato senza requisiti, un ultimo degli ultimi, uno che non era abbastanza di niente, uno troppo niente perché qualcuno lo salvasse, una storia senza storia che prima la si dimentica e meglio è per tutti.
Questa, signori, è l’Italia, l’Italia del Natale 2024. Un posto orribile, dove nessuno si salva, ma proprio nessuno.
Max Del Papa, 7 dicembre 2024
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