Elly Schlein è colpita di vedere “tutti appassionati alle questioni di colore sul mio look”, e la si può anche capire. Non è proprio il sogno di ogni segretario riuscire a catalizzare l’attenzione più sull’armocromia che sulle battaglie politiche del partito. Quello che il segretario dem forse non ha capito, e che a Repubblica si guardano bene dal farle notare, è che qualcuno ci avrebbe anche provato ad approfondire ciò che lei sta dicendo “in tema di lavoro, diritti, clima, economia del Paese”. Ma tra un “diciamo” e una “circolarità” non “lineare”, in molti si sono persi il filo logico. Per dirla meglio: non ci hanno capito una mazza. E così hanno preferito focalizzarsi sulle tinte di verde smeraldo che s’intonano meglio con la carnagione della semisardina in trench.
È il prezzo da pagare quando si diventa famose e quando gli argomenti veri latitano. Ieri Elly era a Sestri Levante e dopo due giorni di dibattito sulla sua intervista rilasciata a Vogue, tipica rivista patinata della sinistra operaia, ha finalmente deciso di rompere il silenzio. Indossando il solito trench suggerito a 300 euro l’ora dall’amico-armocromista Enrica Chiccio, Elly giustamente s’è difesa come ha potuto. Dice di essere una persona che “non capisce di abiti e di trucchi” (s’era capito), ribadisce di non avere “tempo” per pensare a cosa indossare (da qui “l’amica” che fa compere a suo titolo), assicura di non pensare “al look” (anche questo, era evidente) ma di presentarsi come una persona “sincera, non ipocrita, non costruita”. In una parola: “trasparente”. Al punto da non capire che forse spiattellare il ricorso ad una costosa “armocromista” su una rivista patinata, pur volendosi presentare al contempo come una leader vicina alla “ggente”, forse non è stata una grande scelta comunicativa.
Per approfondire
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Perché le regole della politica, e un po’ anche della comunicazione, funzionano così. Se non si conoscono argomenti forti su cui discutere in merito alla nuova piega che sta per prendere il Pd, si finisce col focalizzare l’attenzione sui dettagli “di colore”. Come l’armadio della leader. “Se mi paga la metà, sarei in grado di proporre un risultato migliore”, ironizza Vincenzo De Luca, avversario interno della Schlein, appresa la notizia dei 300 euro l’ora consegnati a una personal shopper. E non c’entra un fico secco il sessismo, come ha paventato Elly ieri in piazza (“Delle donne si parla più dell’aspetto che di quello che dicono”). Nel mirino infatti finirono pure Matteo Renzi per la camicia “slim fit” su Vanity Fair e Matteo Salvini per le nudità su Gente.
Qui il problema è proprio ciò che Schlein afferma: perché o non si capisce (“diciamo, diciamo”) oppure non è limpida nelle posizioni assunte (utero in affitto sì, ma anche no; termovalorizzatore mai, ma a Roma sì; difesa dell’Ucraina ok, ma le armi insomma). Lo spiega bene il leader di Italia Viva: “Le differenze tra noi non sono sul trench, ma sull’utero in affitto, sul termovalorizzatore e sul nucleare, sul concetto di lavoro e sulle tasse, sui sussidi, sul merito nella scuola, sull’Ucraina e sull’esercito europeo, sulla giustizia e sul garantismo”. Più che un consulente d’immagine, qui urge un consigliere politico migliore di Beppe Provenzano. Lo dimostrano le recenti fughe dal Pd di tanti riformisti come Marcucci, Borghi, Chinnici: si possono accettare gli outfit, il trucco rivedibile e pure le acconciature non sempre impeccabili; ma “sulle idee non si scappa”. Ad Elly per ora manca chiarezza nei contenuti (“diciamo, diciamo…”) e pure un pizzico di furbizia. Non era meglio ricorrere all’armocromista e tenersi la notizia per sé?
Giuseppe De Lorenzo, 29 aprile 2023