Che l’adunata socialfacista di Serra e l’ospitata destabilizzante di Benigni in Rai non siano trovate estemporanee, che fossero preparate da mesi in vista degli esiti annunciati – la distensione e la spartizione ucraina, il riamo pretestuoso europeista, la necessità di riesumare lo spirito di Ventotene – ormai nessuno sano di mente può più nasconderselo; a riprova che gli scenari geopolitici si conoscono in anticipo nelle stanze del potere e le masse ne subiscono solo le conseguenze economiche.
Non poteva mancare il ragazzo Saviano, l’intellettuale mancato, a chiosare su Ventotene. Lo fa con un estenuante intervento su Youtube, insopportabile per l’impostazione retorica grottescamente caricata, da macchietta di “Mai dire gol”, tipica di quelli che si prendono paranoicamente sul serio. Dice il nostro eterno aspirante intellettuale: il Manifesto di Ventotene degli Spinelli e Rossi è la mia lettura preferita, e siamo già al geometra Carboni di geometrica potenza comica, quello che ordinava “tri scotces” al night e storpiava le citazioni. Cosa dice il ragazzo uscito dai bassifondi di Nazione Indiana e miracolato dal Gian Arturo Ferrari di Mondadori? Fa la solita operazione di sinistra, rilegge per stravolgere, chiosa in senso arbitrario e mendace. Qualcuno deve avergli sistemato la lezioncina per ginnasiali e lui manda a memoria o legge dal gobbo con la phoné gassmaniana; quello che dice è puro artificio, propaganda penosa e si riassume in questo: Ventotene non è teoria autoritaria ma l’opposto, esce di conseguenza dal nazifascismo per impedirne ulteriori epifanie, postula un approccio rivoluzionario in senso democratico, considera pericolosa la democrazia ma per i regimi autoritari, è una teorizzazione squisitamente liberalsocialista.
Leggi anche:
- Una piazza, cento idee. I Serra Boys fanno ride
- Una piazza per l’Europa di Almirante, paga il Comune. Serra, ti andrebbe bene?
Saviano mente, forse neppure sapendolo per tragici limiti culturali. Ventotene come idea dell’Europa viene immaginata in pieno nazifascismo e guarda ad una soluzione sovietica, quella della rivoluzione democratica social liberale è pura foglia di fico, Spinelli, Rossi e Colorni stanno già pensando a come fornire, a guerra risolta, un substrato ideologico, teorico al PCI togliattiano che sta nel controllo sovietico; l’operazione non riuscirà semplicemente perché gli Stati Uniti salvano l’Italia mediterranea e geostrategicamente imperdibile colonizzandola. Di quell’Europa, dell’Europa di Ventotene non si parla più ovvero se ne mantiene per così dire l’ispirazione enfatica, nei fatti del tutto stravolta e per fortuna. Per 80 anni nessuno più se ne ricorda se non per blande suggestioni retoriche; l’Europa se mai la si crea in senso puramente monetario, come camera di compensazione della grande industria e della finanza totale.
Saviano meriterebbe lui il confino a Ventotene perché dice il falso storico, ma transeat: per capire che i padri costituenti dell’Europa insulare di Ventotene intendevano altro, e quale altro, basta il presente, basta constatare la furia fanatica, fondamentalista con cui oggi si pretende la gogna e la forca per chi contesta un documento caduto nell’oblio e recuperato per becere questioni propagandistiche. Quello che piange, gli altri che inveiscono, il solito inevitabile vizio di considerare nazifascista chi non venera il feticcio Ventotene, chi si limita a citarne i passi che Saviano omette; la sua difesa della dittatura teorica di quel Manifesto è a un tempo ridicola e inquietante perché esemplare dell’indisponibilità al confronto degli Spinelli che di tollerante, di democratico avevano poco e niente.
C’è poi un risvolto analitico, molto semplice e molto miserabile: le ragioni del mancato intellettuale Saviano aderiscono come una pellicola ideologica alle propagande di tutti i regimi totalitari che mai si sono definiti tali storicamente: le dittature maoiste, cambogiane, sovietiche si sono sempre presentate come democrazie compiute ed anzi le sole autentiche; eversive e rivoluzionarie, sicuro, ma contro le false democrazie borghesi occidentali in fama, quelle sì, di sistemi negativi, autoritari, infidi. A sentire il tetro Saviano mologante di Ventotene si colgono lontane ombre, chiaroscuri zdanovisti, si percepiscono le antiche calunnie della Terza Internazionale per le socialdemocrazie, per le sinistre riformiste non rivoluzionarie. Volendo ci si trovano pure vaghe suggestioni settantasettiste, negriane, la scopa di dio, la santa canaglia che spazza via le compromissioni, le indecisioni dei cacadubbi, la rivoluzione certo, adesso e ad ogni prezzo ma contro le false democrazie, i falsi garantismi, contro le melliflue sirene del progressismo moderato che nasconde l’autoritarismo di fatto, la soggezione al capitale americano imperialista. Tutto già sentito, tutto ampiamente sperimentato nelle nostre lontane assemblee liceali.
Poteva chiamarla democrazia progressiva già che c’era, il nostro napoletano a New York, questa strampalata propaganda ventotentista oggi recuperata dai Serra e dai Benigni; non a caso a stracciarsi le vesti è uno come l’ex ministro Speranza che nel suo libello di scarso esito era arrivato a immaginare il Covid, la repressione seguita al Covid come una occasione imperdibile per realizzare finalmente una società comunista. Non a caso la figlia del presunti liberal socialista Spinelli è quella Barbara che per tutta la vita ha portato avanti idee improntate ad un fanatismo ultracomunista. Non a caso, oggi a voler imporre il fantasma di Ventotene sono i partiti della sinistra più forcaiola che manda in Europa i rottami da centro sociale occupato e occupatore che la questione della democrazia tollerante in ambito europeo la chiuderebbero nel solito modo inconfondibile, col taglio delle teste della rivoluzione giacobina.
Alla fine l’intera faccenda è risibile e si risolve nella vanità affaristica dei corifei, dei pifferi, nella tournée militante che ne seguirà a fini pubblicitari; a margine tuttavia si può proporre una riflessione se si vuole volante, ma non più eludibile: è davvero necessario fare ancora i conti con personaggi evanescenti come i Saviano, i Serra, i Benigni, i Vecchioni e il resto del circo equestre che ha messo il suo tendone nel declinante Che tempo che fa? Non parlo solo a quelli di destra, parlo anche a chi di destra non è, a chi semplicemente si dibatte nello sconcerto della rassegnazione: quanto ci vuole ancora a capire, a decidere che questi personaggi vaporosi, velleitari, vanno compatiti, ignorati, non raccolti nelle loro riletture elementari, nelle loro faziosità infantili, nelle loro spocchie patetiche? Che a scendere al livello del loro narcisismo promozionale c’è solo da mortificarsi?
Inutile rispondere a tono al mix di malafede e latitanza culturale, non dignitoso misurarsi con le boiate di Lucianina Littizzetto: vanno lasciati lì per quelli che sono, gente di nessuno spessore, di nessuna serietà, che avrà anche fatto i soldi, gli attici, le tenute, ma in definitiva resta razza latifondista dopo quaranta o cinquant’anni di militanza sotto la tutela affaristica, propagandistica, cultural egemonica del PCI e i suoi derivati, dell’Arci, dei vari organismi che spianavano tutte le strade anche dentro la Rai dove l’impresario Lucio Presta può tirare un Benigni tra i piedi di Giorgia Meloni, che però da premier non può limitarsi a dire mi hanno fregato perché è una ammissione agghiacciante se viene da un premier che comanda formalmente anche in Rai, da quasi tre anni.
Max Del Papa, 21 marzo 2025
Nicolaporro.it è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati (gratis).