Economia

L’imposta di successione va eliminata

Si tratta di una tassa iniqua e dannosa: ecco perché deve essere eliminata senza eccezioni

© 89Stocker, JADE ThaiCatwalk e ptnimages tramite Canva.com

Prima la recente intervista di Carlo Cottarelli, già senatore Pd e commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica, che è ritornato sulla proposta, già formulata in passato, di incremento dell’imposta di successione, la quale, a suo dire, «rispetto agli altri Paesi da noi è molto più bassa», e il cui maggior gettito «andrebbe poi utilizzato per ridurre le tasse sul lavoro e i profitti, questo perché il totale dell’imposizione fiscale in Italia è già alto»; poi l’intervento dell’Ocse, che nel rapporto economico sull’Italiaappena pubblicato ha invocato: «Lo spostamento dell’imposizione dal lavoro alle successioni e ai beni immobili» per rendere «il mix fiscale più favorevole alla crescita, consentendo al contempo di incrementare le entrate».

Esula ovviamente da simili proposte e dalle motivazioni addotte qualsiasi considerazione in ordine alla dannosità dell’imposta di successione, che è distorsiva e profondamente iniqua, e penalizza il risparmio e gli investimenti, soprattutto se combinata con altre forme di doppia imposizione. Essa deve essere piuttosto eliminata, senza alcuna eccezione. L’imposta modifica infatti il comportamento degli interessati e produce un’errata allocazione delle risorse, posto che gli stessi prendono decisioni sul risparmio e sugli investimenti in base alle potenziali implicazioni fiscali piuttosto che a ciò che è più produttivo. In particolare, più alta è l’imposta di successione, più è probabile che smettano di risparmiare a lungo termine e inizino subito a consumare: il risparmio per la generazione successiva è pertanto scoraggiato a favore dei consumi immediati e, mentre diminuisce la ricchezza, si riduce contestualmente sia il desiderio sia la capacità di assicurare lasciti per gli eredi.

In argomento, Murray N. Rothbard ha sottolineato che: «è particolarmente devastante perché […] la prospettiva dell’imposta di successione distrugge l’incentivo e la capacità di risparmiare e di sviluppare un patrimonio familiare. L’imposta di successione è forse l’esempio più devastante di un’imposta pure sul capitale». A sua volta, Ludwig von Mises ha rilevato che in dipendenza dell’imposta di cui trattasi: «nel giro di una generazione [si trasferirebbe] nelle mani della società una parte considerevole di tutti i mezzi di produzione. Ma, soprattutto, una simile misura rallenterebbe la formazione di nuovo capitale e una parte del capitale esistente verrebbe dilapidato».

Né a diverso risultato si perviene apprestando correttivi per assicurare, comunque, una soglia minima per l’applicazione del tributo o delle esenzioni per alcune categorie di persone o di cespiti. Dette misure non raggiungono l’obiettivo e inducono piuttosto le persone a comprare e vendere beni per evitare successivamente il prelievo fiscale, a volte escludendo altri obiettivi. Ad esempio, le esenzioni per le donazioni effettuate in vita incoraggiano il trasferimento anticipato dei beni, proprio per aggirare l’imposta sulle successioni, e ove possibile incoraggiano la creazione di trust, fondazioni o altro per proteggere beni e ricchezza, che sovente finiscono per essere collocati in modo non efficiente e non costituire le chiavi per la crescita economica. In conseguenza di ciò, le vittime della tassa restano coloro che non sono riusciti, per le più svariate ragioni, ad evitarla e sono stati costretti a consegnare l’eredità nelle mani del fisco e dello Stato, e tutti coloro che per sfuggire all’imposta si sono impegnati in forme inefficienti di pianificazione fiscale per proteggere i beni dal fisco.

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Tutte queste cose, gli economisti le hanno capite bene. A iniziare da Adam Smith e David Ricardo, che vedevano nell’eredità un incentivo fondamentale per il risparmio, per passare ad Alfred Marshall, il quale sosteneva che «gli affetti familiari sono il motivo principale del risparmio» e a Josef Schumpeter, che ha individuato nel «motivo familiare» la “molla” del risparmio, la quale, ove fosse allentata per effetto dell’intromissione dello Stato con la tassazione, determinerebbe un restringimento riguardo «l’orizzonte temporale dell’uomo d’affari […], all’incirca, alla sua aspettativa di vita». Dello stesso avviso anche Pascal Salin, che ha puntualmente osservato: «La capacità di proiettarsi nel futuro, anche oltre la morte, è una prerogativa umana. Il ciclo della vita e il ciclo delle generazioni non sono scindibili dal ciclo dei patrimoni, dalla loro nascita, crescita, trasformazione e fine. La trasmissione dei beni – tramite libera transazione o per eredità – è uno degli strumenti primari per cui si realizza l’evoluzione, imprevedibile della storia umana».

Sandro Scoppa, 25 gennaio 2024

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