L’Imu sulla casa è una condanna a vita

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In questi giorni si riparla di cartelle pazze, tant’è che il prossimo 24 ottobre ci sarà un Consiglio dei ministri in cui verranno predisposti altri due decreti firmati dal viceministro dell’Economia e delle Finanze, Maurizio Leo. In estrema sintesi, si tratta di un ulteriore passaggio per la definizione, come riporta Il Giornale, di uno “Statuto del contribuente” in grado di rivoluzionare i rapporti tra fisco e cittadini.

Tuttavia, come accade da troppo tempo, sotto i riflettori dei media troviamo l’Agenzia delle Entrate e dell’Agenzia della Riscossione. Quello che invece sfugge spesso e volentieri è l’immenso sottobosco degli enti locali che si affidano a tutta una serie di enti per la riscossione privati.

Come dimostra in modo lampante la situazione che sto vivendo in questi ultimi giorni, nel nostro sistema tributario di stampo medievale è pieno di spietati sceriffi di Nottingham autorizzati dallo Stato.

In breve, avendo ereditato il 13% di un immobile sito in quel di Vignanello, in provincia di Viterbo, che sul mercato vale meno di 10.000 euro, ho saputo con un certo ritardo che ero comunque soggetto al pagamento dell’Imu, sulla base di un imponibile lunare di circa 42.000 euro. In sostanza, pur trattandosi di somme modeste e non avendo mai posseduto un immobile, la cosa mi è passata di mente. Nel frattempo il Comune, dopo avermi mandato un paio di avvisi, ha incaricato la Assist S.p.a, specializzata in riscossioni coattive, di assisterlo nel recupero del credito.

Ebbene, nel giro di pochi mesi, pur lavorando essenzialmente da remoto, questi signori sono riusciti a raddoppiare l’importo richiesto, intimandomi di pagare entro i canonici 5 giorni, onde evitare il pignoramento del conto corrente, con ulteriori, pesanti aggravi monetari.

Ora, la cosa inaccettabile, e che a quanto ho potuto capire contraddistingue queste società private di riscossione, è che tale raddoppio della richiesta è basata su un lungo elenco di spese in gran parte scritte sull’acqua, per così dire. Per fare alcuni esempi: 31 euro per il preavviso del fermo amministrativo di una vettura che ho rottamato quasi trent’anni orsono; 15 euro per un “perfezionamento della notifica”; 34 euro per il preavviso di pignoramento verso terzi; oltre ad una infinita sequela di piccole spese che, occorre sottolineare, nelle normali cartelle predisposte dall’Agenzia delle Entrate non compaiono in questa fluviale quantità.

A questo punto arriva la nota dolente, tanto per me che per tutti i contribuenti di questo disgraziatissimo Paese: questi atti elaborati da un soggetto privato, su mandato di un qualsivoglia ente locale, diventano immediatamente esecutivi. Ciò significa che, dopo averli inviati e fatti passare i 5 giorni summenzionati, i novelli sceriffi di Nottingham si presentano allo sportello della tua banca e ti pignorano i quattrini richiesti, senza alcuna altra formalità.

Ovviamente, dato che sulla carta siamo un Paese civile, esiste in simili frangenti lo strumento dell’impugnazione presso la Commissione tributaria provinciale. Solo che c’è un piccolo problema, come mi hanno segnalato alcuni avvocati del settore: per avere ragione, in questo caso ottenendo una congrua riduzione dell’esosa richiesta iniziale, si rischia di spendere 5/10 volte l’importo dell’intera cartella esattoriale. Pertanto, proprio perché si tratta di somme comunque sostenibili, i malcapitati pagano e festa finita. D’altro canto, solo chi ha molti mezzi e molta pazienza può permettersi di affrontare una costosa battaglia legale di principio.

In sostanza, sembra essere di fronte ad un diffuso meccanismo estorsivo legalizzato che andrebbe affrontato sul piano squisitamente politico, visto che riguarda una grande platea di contribuenti. Ed il fatto che non esiste nessun filtro giuridico tra l’ingiunzione di pagamento e la riscossione coatta è abbastanza grave, dal momento che in questo modo viene incentivato il malcostume delle cartelle pazze e gonfiate a dismisura.

Per quanto poi riguarda l’Imu, imposta di dubbia costituzionalità, nel caso in oggetto si tratta di una vera condanna a vita, soprattutto per chi come il sottoscritto non ha alcun godimento dal bene imputato. Difatti, oltre alla vendita, l’unico modo per non pagare più le medesima imposta passa attraverso la donazione da eseguire presso un notaio. Basta versare da 2.000 euro in su, a seconda del valore, è il problema è risolto. Evviva l’Italia, il Paese delle libertà per antonomasia.

Claudio Romiti, 23 ottobre 2023

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