A Repubblica sono impazziti. L’inchiestona è: “Quanti cani ha Milei?”

Gli amici a quattro zampe del presidente argentino finiscono nel mirino del quotidiano di Scalfari

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Grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è demente. Mai come in questo 25 aprile hanno brillato, di un bagliore inebriante, le follie squilibrate di sinistra, roba a volte dove la patafisica incontra il dada, tutti i santini e santoni piddini e loroderivati che ascendono nudi sul Monte Verità a recitar filastrocche. Brigatisti (in senso di brigate partigiane, oh, per carità) ebraici e propal che si sputacchiano, si insultano in piazza. Fassino col profumo in tasca, forse recidivo (e la difesa d’ufficio, oltre la patafisica, dei trinariciuti: “il duty free è fascista, è tutta una manovra di Giorgia Meloni”).

Scurati, questo insospettabile operaio generico della saggistica comunista, il quale si monta la testa e comincia a delirare: prima si pone come un incrocio fra Gramsci, Matteotti e Pasolini, poi insulta il Tg1, e, per sovrannumero, chi lo segue, definiti in pratica vecchi analfabeti rinco, quindi si scusa dando la colpa “al marasma di questi giorni”: grande è la confusione sotto la calotta cranica, la situazione è divertente. A Casa Cervi, tempio dell’antifascismo antifà, qualcuno svuota la cassa, e subito la battuta carogna: non è che ci è passato Fassino? Il babbo di Ilaria Salis, professoressa col manganello, riconvertito nell’arco di una luna dal sovranismo ungherese all’antifascismo staliniano di stampo Anpi, che non si tiene e spara un paio di aforismi devastanti, specie per la figlia: “Ilaria è il simbolo dell’antifascismo permanente”. Ah, annamo bene!

Lilli Gruber che veleggia sul porno, e solo Dio sa come armonizzarli, e si slancia con l’ardore di una Giovanna d’Arco in favore dell’aborto, che nessuno minaccia ma c’è bisogno di ideologica fresca, sempre questo confondere il diritto col dovere, a sinistra se una non ha raschiato via almeno un paio di feti in vita sua non ha diritto di cittadinanza. A Milano, una assessora Verde ha in testa un’idea meravigliosa, non curare più il verde, l’arredo urbano, lasciare parchi e giardini incolti “in vista del riscaldamento globale”, praticamente i prati cittadini a immagine della sua messa in piega.

E da ultima arriva Repubblica. Con uno scoop oltre ogni limite, roba veramente pesante, nel senso della droga, perché non c’è altra spiegazione. Insomma succede che Milei, lo stravagante ma deciso presidente argentino, adori i suoi cani e ci viva alla Casa Rosada, li chiama “figli a quattro zampe”. Ma a quei segugi Repubblica, la faccenda non quaglia: “Ha detto che i cani sono cinque e invece sono quattro. Dov’è il quinto cane? Che fine ha fatto il quinto cane?”. Siamo alle allucinazioni da LSD, di quelle paranoidi, insistite: secondo il mesmerico marasma del quotidiano di Largo Fochetti, che ci butta via una paginata intera, allucinante, sconvolgente, deprimente, sconsolante, il lungo Paese sudamericano sarebbe grossomodo sull’orlo della guerra civile, e il suo presidente a un passo dalle dimissioni, inquantochè l’opinione pubblica sarebbe sconvolta per non sapere il numero dei cani inquilini nella residenza presidenziale.

Proprio così, non esageriamo, è tutto nero su bianco, zero coloranti e conservanti: “La questione che già aveva occupato giornalisti, storici e scrittori che avevano seguito l’ascesa del premier argentino Javier Milei è uscita dall’armadio e diventata di dominio pubblico. “Quanti cani ha veramente Milei?” e ancora, “Sono 4 o 5?”. Tutta l’Argentina se lo chiede e il quesito, amplificato in modo virale sui social network, è ora anche un’arma di protesta nelle piazze, che contestano la sua terapia shock per stabilizzare l’economia. Ai giornalisti che nell’ultima settimana si sono trovati a chiedere una posizione ufficiale sul tema, sono state date risposte che non fanno che alimentare dubbi”.

Tutta l’Argentina col fiato sospeso. Manco che la “terapia shock” per l’economia la facessero i cani di Milei. E come si fa? Ma non lo so, mandategli Fassino, mandategli Gruber, la bocca, leggermente corretta, della verità. Mandategli papà Salis, mandategli Scurati. La tesi di Repubblica, angosciante, per chi la elabora, sarebbe la seguente: siccome Milei parla coi cani imbalsamati e per di più non sa quanti ne ha, o mente, allora è pazzo e non può guidare il Paese. La via cinofila per la rivoluzione. A Repubblica non stanno bene, sono più imbalsamati loro col loro antifascismo museale di dentiere e di cateteri. Il bello è che non riescono a capire, davvero, non ci riescono, come mai da mesi, da anni vanno in emorragia di lettori. Questi passano dall’incolpare Meloni dei profumi di Fassino, ai cani liberisti di Milei. E non si capacitano della fine che fanno.

“Lo stesso Milei, di fronte alla domanda diretta, fornisce risposte vaghe. “È vero che lei mantiene una conversazione telepatica con Conan?”, chiede il giornalista di El Pais nel corso di un’intervista realizzata prima delle elezioni. “Sì, dicono anche che i miei cani sono i miei consiglieri e sono favolosi, perché guarda tutto quello che ho ottenuto in termini di risultati”, risponde il presidente. “Ma poi parli con Conan?”. Invece giornalisti e illuminati italiani parlano con, e si parlano tra, Augias e Scurati, vuoi mettere, Zero Calcare e i tre ragazzi morti, della serie fumetti per fumati, con Ginevra Bompiani, Raimo e Montanari, vuoi rimettere, Michela Ponzani, Valentina Mira e Chiara Valerio; parlavano, fino a ieri, coi Ferragnez considerati la via influencer al socialismo.

Tutto ci saremmo immaginati, mai una inchiesta in funzione antifà sui cani del presidente dell’Argentina. Repubblica ha deciso di suicidarsi anche zoologicamente, e va benissimo così.

Max Del Papa, 27 aprile 2024

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