È cambiata l’aria. Dopo settimane di messaggi rassicuranti sulla pandemia, in cui sembrava quasi che i televirologi avessero mollato la presa, sepolti dalle risate per la canzone-parodia di Checco Zalone al Festival, e in cui persino la linea del rigore, promossa da Roberto Speranza, pareva agli sgoccioli, i media sono tornati alla carica: allarme quinta ondata. Così titolava ieri La Stampa. In effetti, dai giornaloni ai tg Rai, la comunicazione sta repentinamente riassumendo i toni minatori cui eravamo tristemente abituati. Sarà perché c’è bisogno di rimettere in riga gli italiani, che pagheranno le conseguenze economiche della crisi geopolitica; sarà perché il partito dei divieti non intende cedere terreno. Fatto sta che, a passo veloce, stiamo tornando al profluvio di allarmismi, rimproveri e minacce.
Ma siccome la storia si ripete come farsa, oggi siamo arrivati a toccare le vette del grottesco, con un’intervista di Margherita De Bac a Cesare Cislaghi, ex presidente dell’Associazione italiana di epidemiologia. Il quale, dalle colonne del Corriere della Sera, punta il dito contro i “comportamenti individuali”, responsabili della risalita dei contagi. E denuncia “la comunicazione della fine delle restrizioni da parte del governo”, come “l’interruttore” che ha spinto la gente “ad abbassare la guardia”. Insomma, cari italiani, vi state divertendo troppo.
Ovviamente, lo scoppio della guerra in Ucraina ha favorito l’insorgere dell’illusione che il coronavirus fosse estinto: le coscienze degli italiani, adesso, sono state monopolizzate dai proclami bellicisti dei giornalisti con l’elmetto; è passata, insomma, l’epoca della sanitarizzazione, sostituita da quella della militarizzazione. E invece, come scrive Antonella Viola sulla Stampa, “è ancora troppo presto per considerare chiuso il lungo, faticoso e doloroso capitolo della pandemia Covid-19”. Never ending story: il quarto d’ora di celebrità, per qualcuno, è diventato una dipendenza, al punto tale che, alla faccia dei 15 minuti, non sono bastati nemmeno due anni…
L’apice dell’assurdo, però, è un altro. Udite udite, ecco di cosa si rammarica, incredibilmente, senza nemmeno percepire che rischia di coprirsi di ridicolo, il professor Cislaghi, sempre sul Corriere: “La lettura del mio blog si è istantaneamente dimezzata con l’inizio dei bombardamenti”. Capito? E poi ci dicevano che Zalone esagerava… L’ex capo degli epidemiologi italiani bofonchia perché il conflitto tra russi e ucraini ha deviato l’attenzione della popolazione, perché a una campagna di terrore ne è subentrata un’altra. Povero Cislaghi: la gente legge le notizie dal fronte e ha smesso di seguire il suo blog. Bisognerebbe risarcirlo.
D’altronde, che a parecchi il Covid abbia fatto saltare le rotelle, era già evidente. Solo che il professore decide di metterci il carico da novanta, offrendo di se stesso un quadro allucinante, in stile Decamerone: “Conduco una vita molto ritirata, in campagna”, spiega alla De Bac. “Però quando mi avvicino ai centri abitati indosso la mascherina anche all’aperto. È importante dare segnali”. Signori, qui siamo all’ossessione, stiamo indubbiamente valicando il confine tra sanità mentale e disagio psicologico: un dottore racconta che si è isolato nei campi e che, per “dare un segnale”, o per paura del contagio, appena mette piede in città, si barda, si copre la faccia, s’imbavaglia all’aria aperta. Sono gli effetti nocivi di due anni di martellamento pandemico, o del calo di visualizzazioni sul blog? Forse, è ora che Cislaghi si faccia dare un’occhiata da uno bravo.
Quanto a noi, stiamo in campana: sta ripartendo il bombardamento (mediatico) sulle infezioni e pure l’agenda delle cosiddette riaperture, che l’esecutivo si appresta a varare, ci porterà solo una libertà fasulla. Ad esempio, da aprile, sui mezzi, sparirebbe l’obbligo di super green pass e resterebbe “solo” quello di green pass base: capirai, che conquista. Avranno il coraggio di spaccarci queste prese in giro per “normalità”?