In questo coram populo osannare a Mario Draghi e/o al suo (imminente, nel momento in cui scrivo) governo, credo sia salutare una voce fuori dal coro. Sia sul governo che sull’uomo. Non discuterò di massimi sistemi per ammessa incapacità, ma di cose minime, dettagli che reputerete insignificanti – e non escludo che possano esserlo. Ma tant’è: son fatto così, e quando li noto mi ci fisso.
Chi è Mario Draghi
Cominciamo con l’uomo Mario Draghi, il cui curriculum pare ineccepibile. Ma l’uomo sembra di debole carattere. Quando s’è incontrato col presidente della Camera e doveva salutarlo, dopo un brevissimo impaccio (erano entrambi rigorosamente in mascherina), gli ha porto il gomito col quale i due si sono toccati. Il gesto, diciamolo francamente, è ridicolo: vengono alla mente le ali delle galline starnazzanti. Ma – grazie al genio che l’ha inventato – è talmente diventato di moda che a chi è abituato a seguire le mode non sovviene che, in sostituzione della stretta di mano, basterebbe un accenno di deferenza col capo, magari accompagnato da un gesto della mano, col dorso della stessa rivolto verso l’interlocutore (mai il palmo, ci mancherebbe, potrebbe indurre chiacchiere e pettegolezzi indesiderati tra gli antifà in servizio permanente effettivo), o anche solo l’accenno delle dita indice e medio unite portate vicino alla tempia. Invece, no: Mario Draghi, l’uomo con cotanto curriculum, s’adegua alla moda da pollaio.
Direte: da così poco reputi l’uomo di debole carattere? Sì, e mi dolgo per le mie fisse, ma c’è dell’altro. Da presidente del Consiglio incaricato, quindi da uomo delle istituzioni ai massimi livelli, Draghi ha incontrato Beppe Grillo. Mi sarei atteso che Draghi dicesse: “Non ho nulla di personale nei confronti del signor Grillo, ma i miei doveri m’impongono che mi incontri coi presidenti della Repubblica, della Camera, del Senato, coi capi-gruppo parlamentari. Capisco che il signor Grillo è a capo del suo Movimento, ma è con esso che egli dovrebbe incontrarsi, non con me. Io intendo naturalmente ascoltare gli uomini di quel Movimento che hanno rappresentanza in quelle Istituzioni che sono i miei diretti interlocutori”. Invece, no: Mario Draghi, l’uomo con cotanto curriculum, comincia col manifestare incertezze sui propri stessi ruoli, non sapendo come respingere, con ferma gentilezza, Beppe Grillo, degno di udienza non più di qualunque libero cittadino. Insomma, il carattere dell’uomo sembra debole.
Governo Draghi come il governo Monti?
E veniamo al governo Draghi. Pochissimi commentatori lo stanno accostando a quello che fu il governo Monti. Eccetto lo stesso Monti, mi risulta, con un articolo sul Corsera, che però ha suscitato alcune ilarità. Indebite, però. Perché la circostanza è oggi la stessa: l’affidamento di un governo a un non eletto, il quale probabilmente lo formerà di tecnici. E dovrà far così, se vuol garantirsi (come già si garantì Monti) il massimo appoggio. L’errore di molti commentatori è ritenere che, siccome Mario Draghi è simpatico e Mario Monti antipatico, allora il governo-Draghi sarà un governo simpatico. Taccio del fatto che anche Giuseppe Conte si presentava persona simpatica, dabbene, educata ed equilibrata. Salvo poi rivelarsi cinicamente voltagabbana, opportunista, totalmente inadeguato e incapace. Il fatto è che se Draghi vuole governare senza indispettire la Ue, dovrà tartassare gli italiani, esattamente come fece Monti coi suoi «compiti a casa» assegnatigli dalla Ue.
Draghi, uomo dell’Unione europea
Tanto per dirne una: quasi la metà dei 209 miliardi del Recovery fund gentilmente concesso dalla Ue devono (ripeto: devono) essere impiegati in parchi eolici e fotovoltaici; e pertanto ne beneficeranno i tedeschi, che quei fallimentari parchi producono. Come se non bastasse, oltre la metà di quei 209 miliardi (127, per l’esattezza) non sono «gentilmente concessi», come sopra ho provvisoriamente scritto, ma sono, come si dice, “a strozzo”. Avrà Draghi la forza di dire alla Ue: “Prendo il Recovery fund, inclusa la quota di prestito, ma non un centesimo di quel fondo uscirà dall’Italia?”. Certo che non avrà quella forza: l’abbiamo detto, il carattere dell’uomo è debole. Dovrebbe uscire dagli accordi di Parigi, e abbiamo visto la fine che ha fatto Trump che da quegli accordi ne uscì.
V’è un’altra ragione per la quale, inevitabilmente, Draghi sarà una delusione: egli è stato talmente pompato e osannato dai media, praticamente tutti, è talmente alta la vetta sulla quale è stato posto, che da quella vetta può solo scendere. In statistica si chiama regressione alla media. Allora, quel che io prevedo succederà è questo: alle elezioni del 2023 perderà punti chi oggi sosterrà Draghi, e li acquisterà chi a Draghi si opporrà o, al massimo, chi starà in panchina. Internet serba memoria, e la mia previsione sarà facilmente sconfessata. Per completezza, Draghi ha un solo spiraglio. Il fatto che il primo impatto del Recovery fund sia positivo e che quando verrà il momento dei creditori che batteranno cassa il suo governo sarà da tempo trapassato.
La circostanza sarebbe ancora più dannosa per tutti noi: ricorda quella di alcuni amministratori locali che, per fare opere pubbliche e farsi belli, stipulano mutui con le banche, lasciando debiti alle amministrazioni che le seguiranno.
Franco Battaglia, 9 febbraio 2021