L’inghippo che disarma il bazooka della Bce

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I dati sulla decrescita del Pil rilasciati la scorsa settimana è qualche cosa che a febbraio avremmo ritenuto inimmaginabile. Con il passare delle settimane e la palese incapacità del governo era quasi certo che il peggio era da attendersi per giugno e settembre.

L’economia Italiana è regredita di trent’anni: il reddito prodotto nel secondo trimestre 2020 di 356,6 miliardi è pari a quello del secondo trimestre del 1990. E non era scienza missilistica ma buon senso, immaginare che la ripresa non avrebbe assunto la forma di una V – ovvero di una veloce caduta seguita da una repentina ripresa e che si sarebbe dovuta avverare al più tardi per marzo del 2021- ma bensì di una lunga L: al posto di una veloce ripresa ci aspetta una lunga fase di depressione. E se ad essa si somma una inflazione troppo bassa – e ben lontana dagli obbiettivi Ecb – si può entrare nella fase peggiore per una economia.

Il primo dato politico è che seguendo la strada che le opposizioni avevano formalmente indicato senza essere ascoltate, il risultato sarebbe stato certamente meno drammatico. Il secondo è che nella assegnazione dei ruoli chiave di governo, il regime è più interessato al suo perpetrarsi e a compiacere il superStato Europa piuttosto che fare gli interessi dell’Italia. La non competenza dell’esecutivo Conte è evidente in ogni campo. Ma cosa altro poteva andare male all’Italia sotto il regime Conte? L’Euro, più caro del 12% nel momento meno opportuno.

Come è avvenuto in ogni nazione l’unica salvezza immediata infatti poteva arrivare solo dalla Banca Centrale. La Ecb si è comportata non diversamente dalle altre stampando moneta e abbassando i tassi, anche se in ritardo e solo quando si è resa conto della reale situazione. Del resto è sempre stato così da Duisenberg in poi: la Ecb ha un implicito mandato politico che origina dalla Germania e il nuovo Governatore non voleva disattendere il dante causa alla sua prima uscita pubblica.

Ma l’economia è scienza sociale e le cose sono andate esattamente al contrario rispetto a quanto – in teoria – sarebbe dovuto accadere. Il programma espansivo ha fatto aumentare la massa monetaria del doppio rispetto agli obbiettivi della Ecb. Il che di per non sarebbe stato un problema irrisolvibile in una situazione normale, se non fosse che contestualmente il valore dell’Euro è fortemente cresciuto invece di diminuire o restare poco variato. Infatti i risultati di una politica monetaria sull’economia reale non sono meccanici e scritti nella pietra: variano in funzione del contesto e sono funzione delle aspettative complessive degli operatori sull’andamento dell’economia e dell’inflazione.

In pratica: se il valore dell’euro resterà a livelli attuali o crescerà, annullerà quasi completamente gli effetti positivi degli stimoli monetari della Banca Centrale, penalizzando le economie dell’Eurozona e in particolar modo quelle fortemente esportatrici come Italia e Germania, risolvendosi come se la Ecb avesse tagliato molto meno i tassi.

Specularmente è un supporto momentaneo alla ripresa degli Stati Uniti con una moneta più competitiva e spinti dal duplice effetto degli stimoli illimitati ma diretti ed immediati al pubblico e alle imprese e al sistema bancario.

Fabrizio Jorio Fili, 3 agosto 2020

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