Esteri

L’inquietante piano segreto di Russia e Cina - Seconda parte

Nel disegno espansionistico di Mosca e Pechino, pare intravedersi l’ombra di un filo-conduttore: l’utilizzo di una strategia della tensione

Questi eventi concatenati tra loro non solo avvengono nel momento di più grande tensione militare degli ultimi anni, ma permettono di tracciare anche un primo disegno strategico russo-cinese, fondato su due ruoli geopolitici diversi.

1. Il primo, quello russo: seguire un piano di annessioni di Paesi o regioni culturalmente legate alla storia russa, sfruttando la fragilità occidentale. Questo è successo in Georgia nel 2008 verso la fine della presidenza Bush, in Crimea nel 2014 con l’amministrazione Obama ed oggi in Ucraina con la presidenza democratica di Joe Biden. L’incapacità di produrre deterrenza, l’arma che ha garantito ad Usa ed Europa la vittoria nella Guerra Fredda, porta a spogliarsi dinanzi al nemico geopolitico, consegue la costruzione di una potenza mondiale “nuda”, inerte, incapace di conciliare autorevolezza e dissuasione.

2. Il secondo, quello cinese: “Siediti lungo la riva del fiume e aspetta, prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico”. Da una parte, Pechino ha dichiarato di non voler aiutare Mosca con l’invio di truppe in Ucraina. Nel frattempo, però, ne sostiene l’economia attraverso l’uso della piattaforma di pagamenti Cips e l’acquisto di materie prime ed energia in yuan. In tal modo, a Xi è garantita la presenza di un alleato anti-Nato alle porte del nostro continente, nonché una sua continua dipendenza dalle volontà politiche cinesi, decisive per mantenere in vita l’economia di Mosca. Dall’altro lato, con gli occhi del mondo spostati su Kiev, il Dragone continua indisturbato l’accrescimento militare per prepararsi alla futura invasione di Taipei.

A quest’ultimo gioco, ovviamente in misura radicalmente inferiore, partecipa anche la Corea del Nord. Notizia di poche ore fa è il lancio di un missile balistico intercontinentale nordcoreano nella zona economica esclusiva del Giappone, a 170 chilometri dalla costa del Paese. L’operazione è stata la più rilevante dal 2017, anno dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca, ultimo ed unico presidente Usa con cui Kim Jong-Un concluse un accordo sulla denuclearizzazione del regime, in cambio dello stop alle esercitazioni sudcoreane.

Il nuovo blocco dei regimi asiatici non è appena nato; ha solo gettato la maschera e agito di conseguenza, sfruttando le enormi difficoltà di un avversario geopolitico impacciato e disorganizzato. Oggi, l’Occidente non è disposto a morire per Kiev; domani, molto probabilmente non lo sarà neanche per Taipei. Dopodomani?

Matteo Milanesi, 26 marzo 2022

PaginaPrecedente
PaginaSuccessiva