L’inquietante piano segreto di Russia e Cina

Nel disegno espansionistico di Mosca e Pechino, pare intravedersi l’ombra di un filo-conduttore: l’utilizzo di una strategia della tensione

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Mentre l’invasione russa si è trasformata da guerra-lampo a conflitto estenuante di trincea – dove il “Wall Street Journal” stima più di 40 mila militari russi tra morti, feriti e prigionieri – eventi inquietanti cominciano a prefigurarsi anche in Asia, rispettivamente da Cina e Corea del Nord.

Le pretese del Dragone nei confronti di Taiwan sono conosciute dal grande pubblico ormai da molto tempo. A partire dalla tragica estate afghana, il governo dell’isola ha denunciato violazioni del proprio spazio aereo per un totale di 150 caccia cinesi. Proprio a ridosso dell’aggressione di Putin, il regime di Xi procedeva a nuove incursioni con nove e tredici velivoli da guerra, lanciando segni premonitori di un’invasione, incerta solo sotto il profilo temporale, nei confronti di uno Stato considerato “provincia ribelle”, così com’è l’Ucraina per la Federazione russa.

Dietro i numerosi screzi economici e ideologici – storicamente, la Cina qualifica la Russia come Paese occidentale, malvedendo la sua sovranità sulla Siberia – i due regimi si manifestano comunque legati da una stretta partnership nelle questioni geopolitiche più rilevanti. Nel disegno espansionistico di Mosca e Pechino, pare intravedersi l’ombra di un filo-conduttore: l’utilizzo di una strategia della tensione, fatta di violazioni di spazi navali ed aerei, nel momento in cui il mondo percepisce la debolezza del colosso americano. In questa cornice, decisiva è anche la posizione di ambiguità che il Dragone continua a mantenere sin dagli albori del conflitto, astenendosi dal condannare le azioni russe e cercando di mascherare le tensioni indo-pacifiche con un ruolo di mediazione tra Zelensky e Putin.

La strategia della tensione russo-cinese ha già trovato terreno fertile pochi giorni prima della guerra ucraina nell’arcipelago giapponese delle Curili, luogo di schermaglie tra la flotta del Pacifico russa ed un sottomarino statunitense d’attacco a propulsione nucleare. Secondo le fonti del Cremlino, gli Stati Uniti avrebbero violato le norme di diritto internazionale, dopo che il sommergibile, nonostante continui avvertimenti russi, avrebbe deciso di non allontanarsi dalle acque nazionali. Al fatto, seguì anche la denuncia del governo svedese dell’incursione di quattro aerei militari di Mosca nella sua zona aerea. Sempre nel Pacifico, fonti del quotidiano americano “Associated Press” hanno riportato il progressivo aumento della militarizzazione di Pechino nelle isole artificiali del Mar Cinese meridionale, poche miglia a sud di Taiwan. Il tutto costellato dall’inseguimento di pochi giorni fa tra la portaerei cinese Shandong ed il cacciatorpediniere Uss Ralph Johnson nei pressi dello Stretto di Taiwan.

Questi eventi concatenati tra loro non solo avvengono nel momento di più grande tensione militare degli ultimi anni, ma permettono di tracciare anche un primo disegno strategico russo-cinese, fondato su due ruoli geopolitici diversi.

1. Il primo, quello russo: seguire un piano di annessioni di Paesi o regioni culturalmente legate alla storia russa, sfruttando la fragilità occidentale. Questo è successo in Georgia nel 2008 verso la fine della presidenza Bush, in Crimea nel 2014 con l’amministrazione Obama ed oggi in Ucraina con la presidenza democratica di Joe Biden. L’incapacità di produrre deterrenza, l’arma che ha garantito ad Usa ed Europa la vittoria nella Guerra Fredda, porta a spogliarsi dinanzi al nemico geopolitico, consegue la costruzione di una potenza mondiale “nuda”, inerte, incapace di conciliare autorevolezza e dissuasione.

2. Il secondo, quello cinese: “Siediti lungo la riva del fiume e aspetta, prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico”. Da una parte, Pechino ha dichiarato di non voler aiutare Mosca con l’invio di truppe in Ucraina. Nel frattempo, però, ne sostiene l’economia attraverso l’uso della piattaforma di pagamenti Cips e l’acquisto di materie prime ed energia in yuan. In tal modo, a Xi è garantita la presenza di un alleato anti-Nato alle porte del nostro continente, nonché una sua continua dipendenza dalle volontà politiche cinesi, decisive per mantenere in vita l’economia di Mosca. Dall’altro lato, con gli occhi del mondo spostati su Kiev, il Dragone continua indisturbato l’accrescimento militare per prepararsi alla futura invasione di Taipei.

A quest’ultimo gioco, ovviamente in misura radicalmente inferiore, partecipa anche la Corea del Nord. Notizia di poche ore fa è il lancio di un missile balistico intercontinentale nordcoreano nella zona economica esclusiva del Giappone, a 170 chilometri dalla costa del Paese. L’operazione è stata la più rilevante dal 2017, anno dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca, ultimo ed unico presidente Usa con cui Kim Jong-Un concluse un accordo sulla denuclearizzazione del regime, in cambio dello stop alle esercitazioni sudcoreane.

Il nuovo blocco dei regimi asiatici non è appena nato; ha solo gettato la maschera e agito di conseguenza, sfruttando le enormi difficoltà di un avversario geopolitico impacciato e disorganizzato. Oggi, l’Occidente non è disposto a morire per Kiev; domani, molto probabilmente non lo sarà neanche per Taipei. Dopodomani?

Matteo Milanesi, 26 marzo 2022

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