Esteri

L’interventismo militare e lo Stato oppressore

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L’associazione tra divisione del lavoro e interventismo militare di Stato non sta in piedi. Il monopolio weberiano della violenza legale non risulta da logiche di pacifica cooperazione, mentre mi rivolgo al macellaio oppure al birraio entro un quadro giuridico basato sui diritti di proprietà. Chi quindi invita i guerrafondai ad andare al fronte ha perfettamente ragione (usino i loro corpi e/o i loro soldi), mentre non ha senso sostenere che “ognuno deve fare il proprio mestiere” oppure che “così come non produco formaggi, allo stesso modo non devo combattere io in prima persona”.

Gli Stati non sono aziende di mercato, ma sistemi di oppressione, e l’interventismo militare di chi pretende di decidere che altri combattano in guerre non difensive ne dilata il raggio d’azione. In effetti, l’interventismo militare non soltanto attribuisce legittimità alla mafia vincente (lo Stato), ma addirittura le dà il compito di salvare questa o quella comunità anche lontanissima sulla base di valutazioni del tutto arbitrarie: si tratti di liberare Taiwan, Hong Kong, la Romania che sospende la democrazia oppure il Venezuela totalitario.

Aggiungo che per la stessa ragione non vorrei mai che l’Italia intervenisse militarmente a sostegno dei secessionisti scozzesi o fiamminghi, anche se guardo con favore a quei progetti di disgregazione politica. Potrei eventualmente spedire loro soldi miei: questo sì.

Carlo Lottieri, 16 marzo 2025

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