Seconda parte dell’intervista concessa da Oriana Fallaci a Padre Andrzej Majewski, caporedattore della televisione pubblica polacca (Telewizja Polska).
Qual è la sua opinione sulla guerra contro il terrorismo attualmente condotta dagli Stati Uniti?
Senta, padre Andrzej: un mese prima che scoppiasse la guerra in Iraq scrissi per lo Wall Street Journal e per il Corriere della Sera un articolo intitolato “La rabbia, l’orgoglio e il dubbio”. Articolo dove, insieme a molte altre cose per cui sono stata messa alla gogna anzi crucifissa, dicevo questo: «E se l’Iraq diventasse un secondo Vietnam? E se dalla sconfitta di Saddam Hussein nascesse una Repubblica Islamica dell’Iraq cioè una copia della Repubblica Islamica dell’Iran khomeinista? La libertà e la democrazia non si possono regalare come due pezzi di cioccolata. Specialmente in un Paese, in una società, che di quei concetti ignora il significato. La Libertà bisogna conquistarcela. E per conquistarcela bisogna sapere cos’è. Bisogna capirla, bisogna volerla. La democrazia, ovvio, lo stesso. Forse mi sbaglio, ma gli iracheni io li lascerei bollire nel loro brodo». Sbagliavo? Temo di no. D’accordo, provo conforto a vedere che Saddam Hussein è caduto dal trono con la sua banda. Provo soddisfazione, anzi un goccio di sia pur perplessa speranza, a pensare che anche ignorando cos’è la democrazia tanti iracheni e tante irachene siano andati a votare. Ma, visto il prezzo che stanno pagando e che stiamo pagandouu, visti i morti che a entrambi ci costa, continuo a credere che sarebbe stato meglio lasciarli bollire nel loro brodo. In Iraq gli Stati Uniti si sono impantanati come si impantanarono in Vietnam. Nel pantano il cancro dell’antiamericanismo è diventato più velenoso quindi più pericoloso del falso pacifismo che gli arcobalenisti sventolano da una parte sola. E per capirlo basta un esempio che indigna: ad ogni strage di piccoli iracheni assiepati intorno al Marine che distribuisce le caramelle, gli imbecilli in malafede scrivono che «gli americani si fanno scudo dei bambini». Parole che, inutile dirlo, aiutano non poco i Bin Laden e gli Zarqawi. Quasi ciò non bastasse, l’Iran di Khomeini è uscito allo scoperto imponendo le sue centrali nucleari ed eleggendo presidente il bieco individuo che a Teheran capeggiò il sequestro degli ostaggi americani presi all’Ambasciata. Il petrolio sale, e con l’aiuto dell’Iran la Repubblica Islamica dell’Iraq incombe sempre di più.
Detto questo, cioè ammesso che la frittata è ormai fatta, affermo che attribuire il terrorismo alla guerra in Iraq è un errore anzi una frode per ingannare gli stolti. Accidenti, l’Undici Settembre del 2001 la guerra in Iraq non c’era. La guerra che l’Undici Settembre ci venne dichiarata ufficialmente da Osama Bin Laden, invece, c’era già. Da decenni i figli di Allah tormentavano l’Europa e l’America e Israele con le loro carneficine. Ricorda quelle che anche in Italia subivamo ad opera degli Habbash e degli Arafat? Oh, lo capisco a che cosa mira la sua domanda. Mira alla faccenda del ritirare le truppe dall’Iraq. E le rispondo: non è imitando l’irresponsabile e insopportabile Zapatero che il terrorismo islamico cesserà o diminuirà. Al contrario. Ogni volta che un contingente si ritira, l’Europa dà un’altra prova di debolezza, di paura. Ed oltre ad abbandonare gli iracheni nelle grinfie di Al Qaeda e dell’Iran, ogni volta affondiamo la vanga dentro la fossa che ci stiamo scavando con le nostre stesse mani. Per andarcene, per tentar di rimediare alla frittata ormai fatta, ci vorrà tempo. E parecchio cervello.
A suo avviso definire l’Islam “una religione di pace” e dire che il Corano insegna la misericordia è una sciocchezza. Perché?
Perché a parte quattordici secoli di Storia, (secoli durante i quali l’Islam non ha fatto che scatenar guerre ossia conquistare e sottomettere e massacrare), lo dice il Corano. È il Corano, non mia zia, che chiama i non-mussulmani «cani infedeli». È il Corano, non mia zia, che li accusa di puzzare come le scimmie e i cammelli. È il Corano, non mia zia, che invita i suoi seguaci a eliminarli. A mutilarli, lapidarli, decapitarli, o almeno soggiogarli. Sicché se in Arabia Saudita ti fai beccare con una crocetta al collo, un santino in tasca, una Bibbia in casa, finisci in galera o magari al cimitero. E se in Sudan sei un povero africano o una povera africana che prega la Madonna, finisci almeno coi ceppi ai polsi ed ai piedi cioè in stato di schiavitù. Ma volete mettervela in testa questa semplice, inequivocabile, indiscutibile verità? Tutto ciò che i mussulmani fanno contro di noi e contro sé stessi è scritto nel Corano. Richiesto o voluto dal Corano. La Jihad o Guerra Santa. La violenza, il rifiuto della democrazia e della libertà. L’allucinante servitù delle donne. Il culto della Morte, il disprezzo della Vita. E non mi risponda come i furbacchioni del presunto Islam Moderato, non mi dica che il Corano ha versioni varie e diverse. Gira e rigira, in ogni versione la sostanza è la stessa. E dove si nasconde, in quella sostanza, la “religione di pace”? Dove si nasconde “la misericordia di Allah”? Io non la capisco la deferenza con cui voi cattolici vi riferite al Corano. Io non lo capisco l’ossequio che manifestate verso Maometto. Manco Cristo e Maometto fossero due amiconi che bisbocciano insieme in Paradiso o nel Djanna. Non lo capisco il vostro insistere con la scappatoia del Dio Unico. Domenica 17 luglio, in una chiesetta della provincia di Varese, un parroco ha invitato un bambino mussulmano a pregare Allah poi ha concluso la Messa dichiarando quasi minacciosamente ai fedeli: «E badate bene che chi non vuole chiamare Padre anche Allah, non è degno di recitare il Pater Noster». Ma come?!? Allah non ha nulla a che fare col Dio del Cristianesimo. Nulla. Non è un Dio buono, non è un Dio Padre. È un Dio cattivo. Un Dio Padrone. Gli esseri umani non li tratta come figli. Li tratta come sudditi, come schiavi. E non insegna ad amare: insegna a odiare. Non insegna a rispettare: insegna a disprezzare. Non insegna ad essere liberi: insegna a ubbidire. Basta leggere le Sure sui cani-infedeli per rendersene conto. Ad esempio le quattro in base alle quali, nel lercio libretto scritto dal mussulmano (naturalizzato italiano) che butta i crocifissi dalla finestra e che definisce la Chiesa cattolica “un’associazione a delinquere” (ma nessuno lo processa), i mussulmani vengon sollecitati a castigare la Fallaci cioè ad eliminarla.
No, no, il nostro primo nemico non è Bin Laden. Non è Zarqawi. Non sono i terroristi e i tagliateste. Il nostro primo nemico è quel libro. Il libro che li ha intossicati. Ecco perché dico che il dialogo con l’Islam è impossibile e respingo la fandonia dell’Islam Moderato, cioè l’Islam che ogni tanto si degna di condannare le stragi però alle condanne aggiunge sempre un “se” o un “ma”. Ecco perché la convivenza col nemico che trattiamo da amico è una chimera, e la parola “integrazione” è una bugia. Ecco perché illudersi di poter trattare con loro equivale a firmare il Patto di Monaco con Hitler, a ripetere l’errore di Chamberlain e di Daladier. Ecco perché parlo sempre di nazismo islamico e mi rifaccio a Churchill che diceva: «verseremo lacrime e sangue». Ecco perché sostengo che il loro nazismo non è una questione di razza, di etnia: è una questione di religione. Giuridicamente, infatti, molti sono davvero nostri concittadini. Gente nata in Inghilterra, in Francia, in Italia, in Spagna, in Germania, in Olanda, in Polonia, eccetera. Individui cresciuti come inglesi, francesi, italiani, spagnoli, tedeschi, olandesi, polacchi, eccetera. Giovani che hanno studiato o studiano nelle nostre scuole medie e nelle nostre università, che parlano bene le nostre lingue, che giocano a football o a cricket e frequentano le discoteche e le palestre. Che non di rado bevono il vino e la birra e la vodka. Che sembrano davvero inseriti nella nostra società. A colpo d’occhio lo sembrano, sì. Non portano nemmeno la barba.
Intanto, però, trattano le loro donne (e anche le nostre) come le trattano. Le picchiano, le umiliano, a volte le ammazzano. E, quando mettono piede in moschea, si fanno ricrescere la barba. Ascoltano l’imam che predica la Jihad, studiano cioè imparano a memoria il Corano, e paf! Diventano aspiranti terroristi poi allievi terroristi poi militanti terroristi. Mentre quelli che non lo diventano, i cosiddetti moderati, farfugliano i loro ambigui “se” o “ma” o “però”. (E in Israele pretendono addirittura di modificare l’inno e la bandiera). Padre Andrzej, a me le statistiche sono antipatiche. Tuttavia non possono essere ignorate, e dall’inchiesta che dopo la strage di Londra è stata condotta per il Daily Telegraph risulta che il 24% dei mussulmani inglesi ammette di “provar simpatia per i sentimenti e i motivi che hanno portato alla strage del 7 luglio”. Il 46% dei moderati capisce “perché quegli ex sbarbati si comportano in tal modo”. Il 32% ritiene “che i mussulmani debbano porre fine alla decadente civiltà Occidentale”. Il 14% confessa “di non sentirsi in dovere d’avvertire la polizia se sanno che è in preparazione un attentato, e ancor meno se un imam incita alla Guerra Santa”. Quasi non bastasse, da un rapporto governativo indicato come “The Next London Bombing” risulta che in Gran Bretagna vi sono sedicimila mussulmani impegnati in attività terroristiche, e che la metà dei giovani mussulmani intervistati si dicono “ansiosi di passare alla violenza per eliminare la nostra immorale società”. Per giudicare senza statistiche basta leggere ciò che è emerso dall’arresto del terrorista di cittadinanza inglese e nazionalità etiope o eritrea Hamdi Issac: arrestato a Roma dov’era vissuto per cinque anni insieme alla numerosa famiglia.
E dove anche i suoi fratelli con regolare Permesso di Soggiorno sono finiti in carcere per rilascio di passaporti falsi a scopo terroristico. Ma lo sa che in Italia quell’Issac c’era arrivato (con falso passaporto somalo) come “rifugiato politico”? Lo sa che a Londra aveva abitato sei anni a spese dello Stato Britannico da cui riceveva sussidi anche per l’alloggio? Lo sa che la cittadinanza britannica gliela avevano data senza batter ciglio e senza accorgersi che il suo nome era falso? Lo sa che insieme agli altri tre (anche loro naturalizzati cittadini britannici, anche loro mantenuti col sussidio statale) e insieme al suo boss Muktar Said Ibrahim (anche lui naturalizzato cittadino britannico, anche lui mantenuto col sussidio statale) confezionava esplosivi cui si divertiva ad aggiungere chiodi e bulloni e lamette per far più male? («Ma lui dice che non voleva uccidere nessuno. Voleva fare soltanto un’azione dimostrativa» ha dichiarato la fascinosa avvocatessa che lo Stato italiano gli ha fornito a spese dei contribuenti).
Padre Andrzej, le dà fastidio udire certe cose: vero? Le ripugna vedere in tanti nostri ospiti una nuova Hitler-Jugend che applica il suo Mein Kampf: vero? E trova eccessivo che in loro io veda un pericolo per l’Occidente e il resto dell’umanità: vero? Allora le rammento che a installare il nazismo in Germania, in Europa, non fu l’intero popolo tedesco. Fu la non esigua minoranza di sciagurati che al profeta Adolf Hitler guardava come i terroristi di oggi guardano al profeta Maometto. E se crede che sia ingiusto darne la colpa a una religione anzi a un libro, pensi al ragazzo americano che i Marines catturarono coi Talebani durante la guerra in Afghanistan. Americano, ripeto. Californiano. Losangelino con la pelle bianca come il bianco dell’uovo sodo, e di educazione laico-cristiana. Non marocchino o tunisino o saudita o senegalese o somalo. Con la pelle scura. Ma un giorno quel losangelino aveva messo piede in moschea, aveva detto: «Mammy, daddy, voglio studiare il Corano». Poi era andato in Pakistan, il Corano se l’era imparato a memoria, il cervello se l’era fatto lavare dagli imam, ed era finito coi Talebani a Kabul.
Padre Andrzej, è questa la mia risposta al suo ultimo perché. E so bene che a dargliela rinforzo il rischio di andare in galera per reato di opinione mascherato con l’accusa di “vilipendio all’Islam”. So bene che insieme alla galera rischio la vita cioè sfido ancora di più la nuova Hitler-Jugend che vorrebbe ammazzarmi. So altrettanto bene che neanche noi siamo stinchi di santo. Che nella nostra Storia anche noi ne abbiamo combinate di cotte e di crude. Ma oggi il pericolo non siamo noi. Sono loro. È il loro libro. E visto che nessuno lo dice, visto che qualcuno deve dirlo, lo dico io. Col che saluto i polacchi che attraverso la sua traduzione ci hanno seguito. Saluto Lei, e la ringrazio d’avermi ascoltato.
Padre Andrzej Maiewski