Economia

L’inutilità delle sanzioni

Vladimir Putin e le sanzioni Ue alla Russia
Ascolta l'articolo
00:00
/

Invitato dagli amici del “Barbadillo” a esprimere il mio parere sulle sanzioni comminate dai paesi occidentali alla Russia avevo detto apertis verbis che mi sembravano assurde. Con le “inique sanzioni” – per citare la buonanima, che se ne servì nella propaganda contro le potenze occidentali – un Paese in guerra cerca di mettere in ginocchio l’altro, oltreché con le armi, con l’economia: il malcontento crescente dei sudditi, sempre più in difficoltà, avrebbe provocato il crollo del fronte e quindi dello Stato (come in Russia nel 1917).

Nell’Italia fascista, in realtà, servirono solo a rafforzare il consenso al regime e a riavvicinare ad esso anche vecchi oppositori che non potevano sopportare il “codardo oltraggio” specie da parte di una nazione amica come la Francia (‘i caduti di Bligny trasalirebbero sotto la terra che li ricopre..”). In effetti, ricordavo, le sanzioni non sono mai servite a nulla, se non ad arricchire speculatori e borse nere. Se il paese col quale ci si trova in guerra, ad esempio, non può fornirci più il suo gas (a costi inferiori a quelli sul mercato mon-diale), sicuramente va incontro a una perdita – sempre che non trovi altri clienti, cosa non improbabile – ma non meno sicuramente, la stessa perdita viene subita dal paese sanzionante.

Se il mercato restasse libero, anche in tempo di ostilità belliche, il primo continuerebbe a ricevere moneta pregiata, ma il secondo non dovrebbe sobbarcarsi a una spesa maggiore per arruolare uomini e comprare/ o produrre lo stesso quantitativo di armamenti. Semmai per queste ragioni il conflitto si protrarrebbe più a lungo e sarebbe l’unica giustificazione ragionevole delle sanzioni ma nessuno le sconsiglia con l’argomento che potrebbero porre termine alla guerra in breve tempo.

Nel mio parere, oggettivamente controcorrente, manifestavo la mia meraviglia per il fatto che i talebani del liberismo libertario dimenticassero così facilmente che il liberalismo è l’arte della separazione e che la cultura e l’economia non debbono assoggettarsi alla “ragion di Stato”. Se si chiudono i mercati, ci si impoverisce tutti, se la cultura, l’arte, la scienza, la musica prodotte dal nemico, vengono censurate (è accaduto anche questo), ci si rincretinisce tutti. Se poi l’embargo riguarda anche i medicinali (v. l’Iraq di Saddam Hussein e le centinaia di bambini morti negli ospedali pediatrici per l’embargo sul cloro) le sanzioni, oltre che un errore, diventano un crimine di guerra.

E tuttavia sarebbe sciocco pretendere che diventi legge universale il divieto di scambiare merci col nemico, anche perché nella storia questo scambio si è verificato non di rado (i mercanti Olandesi si arricchivano vendendo le armi alla Invencibile Armada di Filippo II con cui le Province Unite erano in guerra). Pur quanto improduttive, per non dire controproducenti, possano risultare, alla prova dei fatti, le sanzioni, la grande illusione di colpire gli avversari sul piano economico non verrà mai meno e la politica, quando tuonano i cannoni, continuerà sempre a imporre il suo diktat a produttori e consumatori.

Se in questo caso – ed è la mia aggiunta alle considerazioni svolte sul ‘Barbadillo’ – è in questione il momento economico del liberalismo (la necessità appunto di tenere distinte economia e politica), in un altro caso, è in questione il suo momento giuridico. Mi riferisco al progetto di Emmanuel Macron – forse, con Nicolas Sarkozy, uno dei più discutibili presidenti della V Repubblica – di espropriare i beni (depositi bancari, proprietà immobiliari, compartecipazioni aziendali varie) dei russi per destinarli agli Ucraini in guerra con Putin. Studiosi che vedono nello Stato il loro nemico, si sono ben guardati dal denunciare questo furto legalizzato, ricordando che la proprietà privata, nella triade di John Locke, è il fondamento del ‘patto sociale’, assieme alla libertà e alla vita.

A scanso di equivoci, un paese in guerra ha tutto il diritto di ‘congelare’, nel suo territorio, i beni del nemico, impedendo, ad esempio a Putin, di servirsene per continuare ad acquistare veicoli, aerei, missili intesi a metter e in ginocchio l’Ucraina. Ma quei beni restano indisponibili, sono stati acquistati in maniera legale: il venditore nazionale ha realizzato un guadagno lecito e il compratore straniero li ha pagati di tasca sua. Se tra i due stati cessano le ostilità, i russi debbono rientrare in possesso dei loro fondi bancari e delle loro proprietà: lo esige l’etica della ‘società aperta’. ma, soprattutto, lo esige lo spirito delle leggi’ dello Stato moderno che non prevede, a differenza di quello antico, alcuna forma di proscrizione. Come si legge nell’Enciclopedia Treccani. “Proscrizione per eccellenza” è la misura con cui prima Silla, poi il secondo triumvirato (Augusto Lepido e Marco Antonio), colpirono i proprî nemici, mettendoli fuori legge come rei di alto tradimento e quindi non solo permettendo a chicchessia di ucciderli, ma anche confiscandone (cioè proscrivendone) i beni.

Il principio giuridico a cui si richiamava la proscrizione in tale forma era la sacratio capitis, che il costume più antico sanciva per la perduellio, cioè appunto per l’alto tradimento. Silla nell’82 a. C. regolò con molta precisione il procedimento della proscrizione, che fu poi imitato nel 43 a. C. da Antonio, Ottaviano e Lepido. Furono pubblicati in regolare successione elenchi di persone proscritte (tabulae proscriptionis), e fu promessa una somma, due talenti, per l’uccisione di ogni proscritto. I figli e nipoti dei proscritti furono colpiti d’infamia: colpiti di morte coloro che davano asilo ai proscritti.

Spesso i beni dei proscritti non furono venduti regolarmente, ma dati ad amici dei vincitori. La proscrizione di Silla, essendo anteriore alla sua nomina a dittatore, non avrebbe avuto valore legale, ma lo ottenne quando i suoi atti precedenti alla dittatura furono convalidati dai comizi. La validità dell’analogo procedimento dei triumviri era data dalla loro stessa carica”. Non è il caso di ricordare che della proscrizione furono vittima i cittadini tedeschi, di religione ebraica, al tempo del più spietato totalitarismo che la storia ricordi, quello nazista. Nei suoi deliri imperiali, Emmanuel Macron, quindi, vuole estendere agli ‘stranieri’ un istituto che i Romani avevano messo in opera per sgominare i loro nemici. Torno a chiedermi, perché nessuno si è scandalizzato? Perché appare normale, o per lo meno indifferente, una misura politica che ricorda il terrore delle guerre civili antiche e quello dei regimi totalitari? Dove sono libertari, liberisti e mercatisti che in ogni provvedimento fiscale governativo vedono un attentato alla proprietà privata?

Se la proprietà privata rientra tra i ‘diritti naturali’ e anzi ne è l’architrave, perché quella dei russi in Europa può essere azzerata senza sollevare alcuna protesta? Sono un liberale statualista e non credo nei diritti naturali ma credo nello Stato diritto e nel principio pacata sunt servanda: è mio tutto ciò che ho acquistato legalmente e il divieto di farne uso può essere solo temporaneo e dettato da superiori esigenze belliche.

Dino Cofrancesco, 9 marzo 2025

Nicolaporro.it è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati (gratis)