Fra tanti martiri presunti, una a denominazione di origine controllata: è Rula “Lula” Jebreal, estromessa dal Festival di Sanremo per colpa dell’intolleranza della stampa sovranista, fascista e razzista. Perché, si capisce, la Rai è cosa della sinistra e Sanremo è cosa della Rai.
Il martirologio l’ha naturalmente aperto Repubblica, trasformando un’opzione, discutibile, in un diritto piovuto dal cielo: Rula Lula sull’Ariston ci doveva andare, perché la sua è la faccia dei diritti sociali. Ma quale politica, qui si resta umani e invece, per colpa del becero canaio sovranista, Sanremo sarà meno civile, meno colto, meno ricco, meno bello, meno informato, meno solidale, meno equo, meno presentabile, meno accogliente, meno europeista, meno democratico. Veramente, l’infame stampa sovranista si è limitata a porre un paio di questioni: che curriculum ha una che di spettacolo, di canzonette non si è mai occupata per finire al Festival delle canzonette? E davvero avremmo dovuto subire i suoi pistolotti monodimensionali, unidirezionali?
La conferma è arrivata a stretto giro di posta: Rula Lula voleva invitare nientemeno che Michelle Obama per discutere di diritti delle donne. Una che usava selfarsi con il famigerato Weinstein, considerato un maiale d’oro, quello che abusava delle donne mentre ne costruiva le carriere. Una che, quando non trova un insulto abbastanza sanguinoso, ti definisce “maschio bianco”, come a dire il peggio della schiuma, della rogna. Una che, se la contraddici, parte con stridori ultrasonici e non ti fa più dir niente. Una che, pur con doppia o tripla matrice, palestinese israeliana naturalizzata italiana, su Israele nutre convinzioni lievemente preoccupanti.
Ora, la becera informazione sovranista sa benissimo di essere in clamorosa minoranza, sbeffeggiata e attaccata da quelli che ben pensano, e che sono maggioranza ragliante nei media e soprattutto in Rai. Dunque, la infame informazione sovranista sa di non poter presumere più che tanto da se stessa; non è colpa – o virtù – sua se la Rai è ritornata sui suoi passi, una volta verificata l’insofferenza di sempre più spettatori che, sui social, promettevano: Sanremo a questo punto non lo guarderò più. Semplicemente, la Rai si è fatta due conti. E ha capito che il gioco propagandistico non valeva la candela. Ma non c’è stato, garantito, alcun lavaggio del cervello, quella se mai è roba da progressisti illuminati: trattavasi di opinioni in assoluta libertà, che se mai si sono trovate a posteriori rappresentate da commentatori apoti, cioè che non se la bevono.
E nessuno dei luridi maschi bianchi si è permesso offese o volgarità di sorta sulla santina dem: domandarsi, ricordare, fa parte del gioco democratico, anche se per molti il gioco democratico ricorda un po’ il vecchio slogan di Michele Santoro (Michele chi? Ma sì, un teletribuno che ebbe le sue stagioni, anche se ormai il mar dell’olbio s’è sovra lui richiuso): “comunque la pensiate…” (purché d’accordo con me). Le prefiche Repubblicane sono scatenate. Ma, se a quanto pare non sapremo mai cosa ci siamo persi senza Rula Lula, in compenso possiamo immaginare cosa ci siamo risparmiati (anche in termini di cachet, visto che l’interessata, di solito così garrula, s’è guardata bene dal rivelarlo).