Un editoriale di Paolo Mieli fa scattare la reazione, un po’ piccata, di Guido Crosetto. Motivo del contendere l’offensiva ucraina in Russia, con la regione di Kursk ora occupata dalle truppe di Kiev mentre Putin promette vendetta ma al momento non riesce a frenare l’avanzata dei tank di Zelensky. Nei giorni scorsi, infatti, il ministro della Difesa italiano si era chiesto quali fossero gli obiettivi dell’alleato ucraino e soprattutto aveva assicurato che nessuna arma italiana avrebbe sparato un solo colpo al di là del confine russo. Una linea rossa non condivisa né dagli Stati Uniti (“Spetta a Kiev decidere in merito a questa offensiva”) né dall’Unione Europea (“L’Ucraina ha il diritto di attaccare il nemico ovunque lo ritenga necessario”).
Secondo Mieli, Crosetto avrebbe di fatto equiparato l’invasione russa con quella ucraina, affermando che “nessun Paese deve invadere un altro Paese” visto che “il conflitto diventa ancor più duro se si sposta sul territorio russo” e allontana “sempre di più la possibilità di un cessate il fuoco”. “In altre parole – scriveva Mieli – l’Ucraina non ha affatto il diritto di attaccare il nemico (come sostengono Usa ed Europa) «ovunque lo ritenga necessario» ma deve combattere soltanto entro i propri confini. Altrimenti l’Ucraina si rende colpevole d’aver impedito ogni prospettiva di pace”. E ancora: “Lasciar intendere che si tratti di due «invasioni» equiparabili o comunque giudicabili con lo stesso metro non è leale. Per di più farlo in questa maniera, laddove Europa, Gran Bretagna (ieri con una risoluta dichiarazione del premier Keir Starmer) e Stati Uniti assumono posizioni nettamente diverse, è l’ennesima dimostrazione che l’Italia dà prova, nei momenti difficili, di non essere un alleato affidabile”.
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Netta la replica di Crosetto, il quale ricorda che gli ucraini e gli alleati della Nato giudicano l’Italia “seria, affidabile e salda nell’azione a loro sostegno” e accusa a sua volta Mieli di non “conoscere tecnicamente la materia, ciò che accade ogni giorno, gli avvenimenti sul campo, le tattiche, le difficoltà, e l’evoluzione continua di un conflitto ormai endemico, diffuso e complesso”. Il ministro della Difesa ribadisce che l’offensiva ucraina deve essere considerata “una tattica difensiva”, un “modo per allentare la tensione” e “costringere i russi a spostare i propri uomini in Russia”. Il tutto anche allo scopo di “ottenere un maggiore equilibrio sul campo” ed avere qualcosa da portare al tavolo delle trattative. “È stata una mossa razionale, con una logica sia di tecnica militare che di politica militare” fatta con l’intenzione di fare “il bene del popolo ucraino” e per raggiungere “il ripristino del diritto internazionale” e “l’integrità territoriale dell’Ucraina”.
Per Crosetto “è difficile accettare i giudizi espressi in modo grossolano che sfociano in assurde provocazioni, maligne ricostruzioni di una Meloni che mi avrebbe chiamato per rimproverarmi”. “Se ho espresso un giudizio sulla tattica ucraina – aggiunge nella lettera al Corriere – è perché è mio obbligo interrogarmi per chiedermi se questa scelta aiuti o indebolisca la causa ucraina. Gli amici, i veri amici, non dicono sempre hai ragione. Il loro compito è aiutare a riflettere. E noi siamo veri amici degli ucraini. Non sostenitori di maniera, o per ossequio al politicamente corretto, come molti ne abbiamo visti in questi anni. E infatti ho condiviso le mie preoccupazioni con i miei colleghi delle altre nazioni e della Nato, come faccio sempre, e con i miei omologhi ucraini, come già accaduto in passato. Perché io penso che il mio compito sia quello di dire ciò che penso e ritengo giusto e non ciò che i miei interlocutori vogliono sentirsi dire”.
Intanto le operazioni militari proseguono. Kiev è soddisfatta dell’avanzamento in territorio nemico, ma assicura che non intende in alcun modo annettere un pezzo di Russia. Il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale statunitense, John Kirby, attacca invece Mosca: “Se l’offensiva ucraina nella regione russa di Kursk non piace a Putin, se la cosa lo mette un po’ a disagio, allora c’è una soluzione semplice: può andarsene dall’Ucraina e farla finita”.
Per quanto riguarda l’uso delle armi italiane in Russia, il problema per il ministro della Difesa non è solo una questione di opportunità. Ma di regolamenti. “Io so di cosa si parla, di come si usano, di chi ne autorizza l’uso, come avviene ogni dinamica di decisioni e di utilizzo. Io conosco, così come conosco le norme italiane che lo regolano. Diverse da quelle di altre nazioni. Inadeguate probabilmente ad affrontare il momento che viviamo, come ho avuto modo di dire in Parlamento e al Consiglio supremo di Difesa”.
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