Esteri

L’Iran ha fatto cilecca: perché la prova di forza palesa la sua debolezza

La pioggia di missili su Israele risposta ai raid su Hezbollah e Hamas. Nessun obiettivo colpito. E ora si presenta un’occasione per il Medio Oriente

Ayatollah Iran guerra medioriente © Artindo e Nikkiz Studio tramite Canva.com

Il leone iraniano è alle corde. Colpito a morte dalle azioni militari condotte ai danni di Hamas prima e Hezbollah poi, attraverso cui le forze di difesa israeliane sono riuscite a scardinare lo scudo protettivo di cui il regime si avvaleva e a stanare finalmente l’ayatollah, finora trinceratosi dietro una comodissima ‘guerra per procura’. In tal senso, la strategia di Israele sembrerebbe aver dato i suoi frutti: il disarticolamento sul piano politico e militare del cosiddetto ‘Asse della Resistenza’ ha infatti spinto l’Iran a gettare via la maschera e ad affrontare direttamente l’odiato nemico, a volto scoperto e senza la possibilità di affidarsi ai vari gruppi terroristi locali, ormai ridotti ai minimi termini.

Costretto a palesarsi per fornire un segnale di forza ad alleati ed avversari in risposta alle azioni dell’Idf, il regime iraniano ha tuttavia dato prova di tutta la sua debolezza, facendo crollare di fatto quella sprezzante retorica intimidatoria da cui Teheran traeva tutta la sua forza.

L’incapacità di colpire obiettivi specifici ha infatti posto sotto i riflettori tutte le inefficienze e i limiti del temutissimo arsenale iraniano. Con gli attacchi sferrati nelle scorse ore all’indirizzo di Israele, pertanto, non solo l’Iran non è riuscito a incutere grossi timori ai propri nemici, ma, ancora peggio, è riuscito nell’intento di compromettere quell’immagine di ‘potenza militare’ che con la sua azione di forza il regime avrebbe voluto trasmettere al mondo intero.

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Non tragga in inganno il timido ruggito delle scorse ore: a dispetto dei toni minacciosi e della solita vecchia retorica di regime, oggi Teheran è estremamente debole e vulnerabile. Così come non lo era mai stato prima d’ora. Il regime è con le spalle al muro: sa di non poter più demandare ad altri la faccenda, ma è tremante dinanzi all’idea di poter arrivare allo scontro totale con Israele.

Una posizione alquanto scomoda quella iraniana, che potrebbe addirittura peggiorare drasticamente nelle settimane a venire a seguito dell’elezione del nuovo presidente americano. Fermo restando che, in ogni caso, Washington sarà saldamente al fianco di Israele, un’eventuale vittoria repubblicana alle presidenziali, finirebbe senz’altro col rafforzare ulteriormente la presenza israeliana in Medio Oriente. Il che, coinciderebbe inevitabilmente con il definitivo smantellamento dell’Asse e con la successiva ridefinizione degli equilibri nell’incandescente scenario mediorientale. Ciò, consentirebbe inoltre la ripresa di quel processo di normalizzazione dei rapporti arabo-israeliani, avviato a suo tempo proprio da Donald Trump e Bibi Netanyahu con gli “Accordi di Abramo“.

Insomma, il crescente peso politico-militare di Israele e il risultato delle elezioni negli Usa potrebbero presto condurre alla creazione di un nuovo ordine nella martoriata regione mediorientale. È questa la priorità condivisa di Washington, Gerusalemme e Riad. Un appuntamento senz’altro irripetibile che, tuttavia, non può non passare da uno snodo cruciale e indifferibile: l’abbattimento del regime degli ayatollah.

Salvatore Di Bartolo, 2 ottobre 2024

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