Esteri

L’Iran promette vendetta: l’escalation in Medio Oriente è dietro l’angolo

La morte del generale Seyed Razi Mousavi per mano di Israele ha scatenato la veemente reazione di Teheran

raisi israele iran © narvokk tramite Canva.com

Seyed Razi Mousavi non era solamente un consigliere di lunga data della Guardia rivoluzionaria paramilitare iraniana in Siria, non era solamente il direttore dell’ufficio che collega Damasco con l’Iran, non era solamente la mente che gestiva il trasporto delle attrezzature iraniane nell’area di Damasco e da lì verso i depositi di munizioni degli Hezbollah in Libano, ma anche amico fraterno di Hassan Nasrallah, il capo di Hetzbollah, e uomo di fiducia del Presidente iraniano Ebraim Raisi. Già questo curriculum sarebbe bastato a metterlo nel mirino dei piloti israeliani, ma la sua uccisione mirata, anche se Israele come da prassi tace, potrebbe essere arrivata con la conferma delle voci che sono girate, sia in Israele sia in quella parte di mondo occidentale che non si fa ingannare dalla sfacciata propaganda anti-israeliana, che facevano di lui uno degli ideatori del massacro che Hamas ha compiuto nei kibbutz di confine con la Striscia di Gaza e nella città di Sderot il 7 ottobre scorso.

Quelle stesse voci confermavano inoltre che oltre all’idea, messa in opera con il consenso esplicito di Yahya Sinwar e di Mohammed Deif, Mousavi avrebbe pianificato e finanziato l’operazione, organizzato l’addestramento dei combattenti del gruppo Hamas – Nakba e curato l’acquisto e il trasporto delle armi fin dentro la Striscia di Gaza. Armi acquistate al mercato nero o da governi alleati del terrore, sono state infatti trovate bombe di tutti i tipi fabbricate anche in Corea del Nord. L’interesse dimostrato dal governo di Gerusalemme nel voler riprendere il controllo della linea Filadelfia, così è stato chiamato il confine fra il sud della Striscia e il Sinai egiziano, controllo che era stato lasciato nelle mani dell’Egitto prima del ritiro israeliano dell’agosto 2005, conferma diverse analisi che danno per certa l’esistenza di tunnel ancora attivi che collegano i territori palestinesi con quelli egiziani. Negli anni passati molti tunnel di questo tipo furono chiusi o allagati dall’esercito egiziano.

Questo spiegherebbe da dove sono arrivate le armi usate durante l’attacco del 7 ottobre scorso, come siano entrati nella Striscia gli addestratori iraniani che hanno preparato, e probabilmente coordinato i terroristi di Hamas durante le operazioni del terrore, e anche dove potrebbero essere finiti gli ostaggi israeliani di cui Hamas dice non avere più notizie. Le armi dal Sinai verso la Striscia, gli ostaggi in senso inverso e finiti nelle mani delle bande armate che trafficano liberamente nel deserto egiziano in armi e droga, in particolare in Captagon. All’indomani del massacro, il Primo ministro Netanyahu e il suo ministro della difesa Gallant avevano promesso che la vendetta avrebbe colpito chiunque avesse preso parte al massacro, e la promessa era riferita principalmente ai capi, a chi in quelle ore di stupri e uccisioni di civili e massacri indiscriminati teneva le fila di ciò che stava compiendo una manovalanza senza freni che per arrivare a quel livello era piena proprio di Captagon, la “droga della Jihad”.

Quella manovalanza sacrificabile ha trovato il suo destino nei giorni a seguire, ricordiamo che oltre 1200 combattenti di Hamas sono stati uccisi all’interno del territorio israeliano nei giorni successivi al massacro, mentre il resto di loro ha sicuramente incontrato l’esercito israeliano durante l’avanzata nella Striscia di Gaza. Molti di loro sono morti mentre il resto, soprattutto al nord della Striscia, si sta arrendendo. Le fotografie di terroristi di Hamas che si consegnano e consegnano le loro armi stanno facendo il giro del mondo. La vendetta però, questi sono i programmi israeliani, deve colpire anche chi ha guidato il massacro e l’uccisione mirata di Seyed Razi Mousavi può essere letta come una delle fasi di questa vendetta che andrà a colpire i capi di Hamas e di chi li ha sostenuti fino ad ora. L’Iran. L’ipotesi, ormai quasi tesi, che ci sia stata la mano iraniana dietro i fatti del 7 ottobre 2023, oltre ad essere stata avvalorata da testimonianze di sopravvissuti che hanno sentito alcuni dei terroristi parlare fra di loro in farsi, viene ora confermata dal portavoce delle Guardie rivoluzionarie dell’Iran, generale di brigata Ramadan Sharif che ha dichiarato: “L’assassinio di uno dei nostri consiglieri in Siria non ci impedirà di continuare a confrontarci con l’entità israeliana. L’operazione ‘Al-Aqsa’ (l’attacco terroristico del 7 ottobre sui civili israeliani) è stata una delle risposte all’assassinio di Qasem Soleimani. La nostra risposta all’omicidio di Razi Mousavi includerà una risposta diretta da parte dell’intero fronte della resistenza”.

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La maschera sta cadendo, infatti, appena avuta la certezza della morte dell’alto ufficiale dei Pasdaran, Hetzbollah ha condannato l’uccisione mirata a Damasco affermando che Israele ha oltrepassato ogni linea rossa, mentre funzionari iraniani e gruppi militanti alleati nella regione hanno promesso vendetta per l’omicidio. In un loro comunicato le Guardie Rivoluzionarie iraniane hanno fatto sapere che l’entità sionista (Israele) pagherà il prezzo per l’omicidio di uno dei loro consiglieri militari in Siria, mentre il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha promesso che Israele pagherà sicuramente per questo crimine. Questa uccisione mirata, probabile che ne seguiranno altre, avviene nel contesto di continui timori che la guerra tra Israele e Hamas possa innescare una ricaduta regionale. Gruppi sostenuti dall’Iran in Yemen, Libano, Siria e Iraq hanno rafforzato i loro attacchi contro Israele e i suoi alleati a sostegno di Hamas, e gli scontri di confine tra Israele e Hezbollah continuano a intensificarsi con scambi quotidiani di missili, attacchi aerei e bombardamenti di artiglieria. Rimane comunque che l’uccisione di un membro anziano delle Guardie Rivoluzionarie in Siria è un segnale importante, non solo per l’Iran ma anche per Nasrallah. Un chiaro segnale che conferma l’intenzione di Israele di andare avanti nelle operazioni e che Gerusalemme non ha paura di uno scontro diretto sia con Hetzbollah sia, se dovesse servire, anche con le altre anime del terrorismo islamico.

Michael Sfaradi, 28 dicembre 2023