Esteri

L’Isis e lo “stop” all’Ucraina: perché Usa e Russia possono riavvicinarsi

Qualche timido ma evidente segnale distensivo tra Washington e Mosca: cosa potrebbe cambiare

Vladimir Putin e Joe Biden Russia e Usa

L’attacco al Crocus City Hall di Mosca potrebbe tracciare un solco nel corso della storia. Nonostante gli iniziali sospetti sull’Ucraina, l’Isis-k ha rivendicato l’attacco armato, ipotesi confermata anche dall’intelligence degli Stati Uniti. Il bilancio è inquietante: oltre 130 morti e centinaia di feriti. Ma cosa potrebbe cambiare nelle dinamiche internazionali? Un debole, timido segnale di riavvicinamento tra Usa e Russia è visibile ad occhio nudo.

La Casa Bianca ha condannato l’attacco terroristico alla sala da concerto di Mosca e ha indicato nell’Isis un “nemico comune”. La battaglia contro il terrorismo islamico viene prima di tutto: “L’Isis è un nemico comune che deve essere sconfitto ovunque”, le parole della portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre. La diplomatica ha evidenziato inoltre che la presidenza americana “condanna fermamente l’atroce attacco terroristico di Mosca”, che ha colpito “civili innocenti”.

I primi indizi erano stati registrati già prima e subito dopo il brutale attacco. Gli Usa avevano già avvertito Mosca che l’Isis pianificava un attacco. In base a quanto riportato da funzionari a stelle e strisce al New York Times, l’intelligence statunitense ha raccolto informazioni proprio questo mese secondo cui la Russia era un obiettivo terroristico del ramo dello Stato islamico con sede in Afghanistan. Entrando nel dettaglio, l’analista antiterrorismo Colin Clarke ha spiegato che l’IS è stato critico nei confronti di Vladimir Putin e della propaganda russa. Lo Stato islamico, ha accusato il Cremlino di avere sangue musulmano nelle sue mani, facendo riferimento agli “interventi di Mosca in Afghanistan, Cecenia e Siria”.

Il monito dei servizi segreti al Cremlino sul possibile attentato fa supporre che la collaborazione tra le due super potenze nella lotta al terrorismo islamico non si sia interrotta. Senza dimenticare l’immediata solidarietà dei Paesi occidentali per l’attentato e per le tante vittime innocenti, c’è anche un altro fattore da tenere ben presente e chiama in causa il conflitto in Ucraina, il dossier certamente più rovente nei rapporti tra Mosca e l’asse atlantico.

La Russia ieri ha messo a segno il più grande attacco degli ultimi mesi contro le infrastrutture energetiche ucraine, ma gli Stati Uniti non hanno invitato Kiev a rispondere con la stessa veemenza. Anzi: la Casa Bianca ha chiesto al Paese di Zelensky a non colpire raffinerie di petrolio in territorio russo perché questo potrebbe causare un aumento del prezzo del greggio. Questa la ricostruzione del Financial Times: “Gli Stati Uniti hanno esortato l’Ucraina a fermare gli attacchi alle infrastrutture energetiche russe, avvertendo che gli attacchi dei droni rischiano di far salire i prezzi globali del petrolio e provocare ritorsioni, secondo alcune fonti. I ripetuti avvertimenti di Washington sono stati consegnati agli alti funzionari del servizio di sicurezza statale ucraino, la SBU, e alla sua direzione dell’intelligence militare, nota come GUR”. Nonostante le sanzioni occidentali, la Russia continua a rappresentare un importante esportatore e i prezzi del petrolio sono già aumentati del 15 per cento quest’anno fino a toccare gli 85 dollari al barile.

Segnali deboli, probabilmente troppo poco per pensare a una svolta. Ma dopo mesi di tensioni, minacce e botta e risposta al vetriolo, Stati Uniti e Russia non sono mai stati così vicini. Se c’è una finestra ideale per coltivare il dialogo e arrivare alla pace, è quella di oggi: con serietà e concretezza, senza l’intenzione di umiliare l’altro. Seguiranno aggiornamenti.

Massimo Balsamo, 24 marzo 2024

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