Che fare? Se domani Benjamin Netanyahu e l’ex ministro Yoav Gallant sbarcassero a Fiumicino, cosa farebbe il governo? Invierebbe i carabinieri a prelevare il premier di uno Stato estero per consegnarlo nelle mani della Corte Penale Internazionale? Mistero. Non si sa. Perché se gli Usa hanno già definito “folle” il mandato d’arresto per “crimini di guerra”; se l’Ungheria s’è schierata al fianco di Bibi; se l’Olanda, l’Irlanda, la Slovenia e Cipro si sono già mostrate con le manette in mano; nel mezzo del cammin di nostra indecisione ci sono ancora Francia, Germania e ovviamente Italia. Tre paesi spaccati dalla necessità di non far mancare il proprio appoggio a Tel Aviv ma allo stesso tempo non sconfessare l’adesione alla Corte.
A sentire il vicepremier leghista, Matteo Salvini, non ci sarebbero dubbi: “Conto di incontrare presto esponenti del governo israeliano e se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto – ha detto – I criminali di guerra sono altri”. Il paradosso della Cpi in effetti è mastodontico: si richiede l’arresto del leader dell’unica democrazia di tutto il Medio Oriente, mentre lì vicino impazzato teocrazie, dittature, sharia. “Israele non difende solo se stesso ma difende anche le libertà le democrazie e i valori occidentali – è la tesi di Salvini – Mi sembra evidente che sia una scelta politica dettata da alcuni paesi islamici che sono maggioranze in alcuni istituzioni internazionali”.
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Bene. Nello stesso consiglio dei ministri, però, siede anche Guido Crosetto. Il quale, dopo essere scivolato sull’attacco alla base Unifil di qualche giorno fa, spacciando per israeliani i missili che in realtà erano di Hezbollah, a Porta a Porta ha sì definito sbagliata la sentenza della Cpi, sottolineando tuttavia che, aderendovi, l’Italia non potrebbe far altro che “arrestare” sia Netanyahu che Gallant. Nel mezzo c’è Antonio Tajani, il quale rispetta e sostiene la Corte, ma attende di esaminare le carte “per capire quali sono le motivazioni” e prendere poi le dovute decisioni “insieme ai nostri alleati”.
Quindi a sentire tre esponenti del governo la risposta alla nostra domanda (“L’Italia arresterà Bibi?”) sarebbe: boh. Tutti si aspettavano un chiarimento da parte di Giorgia Meloni e quel chiarimento, più o meno, è arrivato. Perché la dichiarazione del premier fissa sì un punto fermo, e cioè che “non ci può essere un’equivalenza tra le responsabilità di Israele e dei terroristi di Hamas”, ma lascia la porta aperta ad una possibile adesione al mandato di arresto per Netanyahu. “Approfondirò in questi giorni le motivazioni che hanno portato alla sentenza della Corte Penale Internazionale – dice Giorgia – Motivazioni che dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica”. Da qui la palla gettata in tribuna: se ne parlerà al G7 nella riunione ministeriale degli Esteri prevista a Fiuggi per il 25 e il 26 novembre. Insomma: stiamo con Israele, però… si vedrà. Forse si poteva fare qualcosina in più?
Franco Lodige, 22 novembre 2024
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