È ancora possibile fare critica in questo paese? O, per essere più onesti e più chiari: è mai stato possibile fare critica nel paese cattolico, di ferocie democristiane, gesuitiche felpate? Parlare mai male di nessuno è l’esercizio di stile di quelli buoni per tutte le stagioni, che azzannano per un padrone ma ad artigli fasciati, fosse mai che domani il padrone cambia. E fin qui tutto nella norma, Missiroli, antico direttore sconosciuto ai più, per ogni stroncatura possibile sospirava: ah, potessi avere un giornale. Ed era direttore del Corriere ma aveva più amici che bersagli. Lo stesso Montanelli se la cavava con uno dei suoi paradossi eleganti: “Questo non val nulla, se ne può anche dir bene”. Ma così non si va da nessuna parte.
Oggi il gioco è cambiato, naturalmente in peggio: non solo una critica reale, cattiva fin che si vuole ma sostenuta, argomentata, è sconveniente ma se anche la fai casca nel vuoto. Grillo può uscirsene dal dimenticatoio con una delle sue balzane provocazioni, i passamontagna per pulire i vialetti, e se lo critichi ti tirano in ballo la Nato, l’Atlantismo, il reddito di cittadinanza, Berlusconi “mafioso” che non ha mai avuto una condanna per mafia ma siccome lo dicono i mattoidi del Fatto dovrebbe valere più della magistratura. Grillo è uno che avrebbe bisogno più del pannolone che del passamontagna e parlar d’altro, dire, come fa Conte, che è stato strumentalizzato non serve: lui deve uscire dalla cripta e spara ai passeri sapendo che verrà discusso, che non passerà inosservato.
Ma qui siamo all’irrilevante. Quando ai tempi del golpe istituzionale, dello stato autoritario, in pochissimi segnalavamo la sostanza eversiva di due governi che negavano le libertà irrinunciabili, ci sentivamo replicare, si fa per dire: untori, il vaccino fa bene. Quando scienziati come Franco Battaglia o Franco Prodi producono dati di fatto, circostanze, riscontri, numeri, comparazioni in punta di scienza, la altrimenti sacra scienza, per confutare l’enorme panzana dei cambiamenti climatici indotti dall’homo capitalisticus, arrivano una suffragetta o un vanesio televisivo e gli dicono: taci, negazionista. Così, senza opporre niente, senza scendere nel merito. E poi danno di matto in favor di telecamera. A che serve criticare quando dimostri che il sole sta alto in cielo e ti rispondono “viva i Maneskin“?
La critica ai fatti e ai responsabili dei fatti disinnescata col delirio e il far finta di non capire. Nei giorni seguiti all’allucinante delitto di Casal Palocco si è potuto sentire e leggere che la colpa è della madre, della Smart, del clima, del capitalismo, che bisogna portare il limite a 30 all’ora, che bisogna regolamentare i social che sarebbe come regolamentare l’uso e consumo di acqua contro gli annegamenti. Poi che i social tirino fuori il peggio non si discute, ma un peggio che alligna dentro, che c’era già. È duro il mestiere del giornalista, dite critico, dite rompicoglioni, è uguale, quando chiedi che ora è e ti senti rispondere giovedì. Coi cantanti che si credono Padreterni non va meglio, uno può ammollarti la tirata contro le ingiustizie, le “carte di credito ciccione”, l’inquinamento selvaggio a bordo del suo bolide da 300mila euro e se lo fai notare ti rispondono con accenti da faraone, da divinità offesa. Quando abbiamo chiesto a Vasco Rossi, profeta della vita sballata, come potesse conciliare esistenzialismo negativo e trasgressivo con la paura di morire delle quattro mascherine e quattro pere vaccinali, il Blasco ha risposto: tu Del Papa sei uno psicopatico pirla, tu Porro sei un cane. E portarlo davanti a un giudice non serve perché il pm motiva tipo groupie da stadio: eh beh il Blasco e il Blasco e se s’incazza lui, poveri voi, gli spari sopra sono per voi.
Il nostro Gian Paolo Serino può criticare un cantante di terza fila come Morgan per ricevere in chat un delirio di insulti demenziali, isterici. Questo Morgan è un altro dei finti apocalittici per combinazione sempre nell’alone del potere: mai combinato niente, ma guai a sindacarlo! Un caso limite, direte voi. No, un caso tipico: non puoi neanche spiegare, in punta di critica tecnica, musicale, che il tormentone dell’Annalisa con lui che bacia lei che bacia lui che bacia un cavallo è una puttanata senza sostanza, pura paccottiglia sonora per riempirci l’estate: questi, che non vogliono figurare direttamente ma sanno e mandano, ti scatenano contro l’orda demente dei fan, dei follower con la loro logica da squilibrati: lei è il meglio, rosikone, kornuto, kittipaga, spero tu krepi.
Già, non bastava la follia delle umane genti, doveva arrivare anche la guerriglia social dei lunatici e dei fanatici che non si tengono. Però tutti vedovi inconsolabili di una che non c’è mai stata, la cara vecchia vera informazione, che non guarda in faccia nessuno, che le canta chiare a tutti, quella dei grandi eretici, il gonzo journalism, gli Hubert S. Thompson, l’immancabile Lester Bangs paradigma degli irriverenti sballati anche se la sua scrittura era sciatta, tossica, farneticante e lui odiava il circo rock di cui voleva far parte mentre della rockstar ha avuto solo la sfigatissima morte.
Max Del Papa, 19 giugno 2023