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L’Italia dell’impresa è stellare

La nostra manifattura e le esportazioni sono cresciute. L’indice negli ultimi dieci anni ha battuto quasi tutti i principali indici internazionali

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Con la chiusura di venerdì scorso, l’indice di riferimento della borsa americana, lo S&P5000, ha raggiunto un altro record, superando i 3000 punti per la prima volta. La corsa dell’indice che rappresenta le prime 500 aziende americane sembra inarrestabile. E’ una corsa che va avanti ormai da oltre 10 anni. Il punto di partenza è stato toccato il 9 marzo del 2009, a seguito della crisi ricordata dal fallimento di Lehman Brothers. Quel 9 marzo il valore dello S&P500 era di 676,53.

Da allora la salita è stata quasi unidirezionale.

Il 26 agosto 2014, l’indice ha chiuso sopra i 2.000 per la prima volta e venerdì, come detto ha superato i 3000 punti. Tuttavia, in quanti tra investitori e piccoli risparmiatori, hanno portato a casa questo clamoroso rialzo? E se poi scoprissimo che anche in Italia fossero stati registrati risultati altrettanto importanti, se non di più?

Si narra spesso di come l’Italia abbia una capacità d’impresa straordinaria. La seconda manifattura europea, prodotti ricercati in tutto il Mondo, esportazioni che veleggiano senza rallentamenti. Eppure, a leggere le cronache finanziarie, la Borsa Italiana è ancora indietro, tanto che rispetto a 15 anni fa, è sotto del 20% circa. Insomma, sembrerebbe uno dei posti peggiori in cui portare il frutto dei propri risparmi e investimenti. Questo è vero, però, se si fa riferimento al Ftse Mib, l’indice principale del mercato italiano, l’indice che però sovrappesa il mondo finanziario, quello delle Banche e delle assicurazioni, quello che negli ultimi 10 anni ha sofferto oltremodo e perduto miliardi di controvalore.

E le imprese che funzionano? La manifattura? Le esportazioni? Quelle sono cresciute e sono cresciute tanto. L’indice che più le rappresenta, il “FTSE Italia Star”, negli ultimi cinque anni, ha battuto quasi tutti i principali indici internazionali: Dow Jones, Nikkei 225, Dax, Euro Stoxx 50 ed anche il più famoso S&P500 di cui si raccontano mirabilie. Il risultato complessivo del “FTSE Star” nei 5 anni sei avvicina al 100%. Eppure della crescita degli indici americani si parla ogni giorno, così come si parla delle imprese americane. E dell’indice “FTSE Italia Star?

Nel grafico è molto evidente la differenza tra l’indice “FTSE Star” (linea azzurra più in altro) e tutti gli altri.

Nel grafico è molto evidente la differenza tra l’indice "FTSE Star" (linea azzurra più in altro) e tutti gli altri.

Tuttavia, quanta ricchezza potenziale è stata perduta? All’interno del paniere italiano ci sono storie d’impresa straordinarie alcune delle quali negli ultimi 10 anni hanno capitalizzato crescite a 3 cifre o addirittura a 4, come Reply (la migliore con un +1600%), seguita da Interpump (+830%) e BB Biotech (+600%). Il confronto vincente con gli altri indici, sottolinea la forza tutta “made in Italy” delle imprese di casa nostra.

Eppure quanti di voi lo sapevano? In tanti parlano della mancanza di educazione finanziaria, in realtà manca proprio la “cultura finanziaria” nel Paese.

In Italia quando si parla di orientare gli investimenti verso titoli azionari si parla erroneamente di “gioco”.  Giocare in Borsa è l’espressione più comunemente utilizzata: quasi fosse una cosa da ragazzini, come se il mercato azionario fosse la porta d’accesso ad una sala di scommesse. Le parole, sono macigni, le parole risuonano come gong tibetani nella testa delle persone. Soprattutto quando queste parole evocano riscontri negativi. Qualcuno ha sottolineato come ne possa uccidere più la penna che la spada. In questo caso ad essere stato “ucciso” è stato “l’investimento in azioni” nel nostro Paese e per certi versi la crescita dei risparmi e la competitività delle imprese.

Anche l’aspetto fiscale ha il suo perché. Ad oggi, se si acquista un titolo di stato, sulle plusvalenze si paga una tassazione del 12,5%, se si sceglie di andare sui mercati azionari le rendite eventuali sono tassate al 26%. Non è concorrenza sleale questa? Ed in passato è stato anche peggio.

Eppure…

Eppure legare i due pilastri del nostro Paese, imprese e risparmi, potrebbe creare un effetto alchemico in grado di trasformare in oro entrambe le componenti. Gli italiani hanno la ricchezza media procapite più alta al Mondo. Le “attività finanziarie” cioè la parte di risparmi investita in strumenti finanziari, dai c/c alle polizze, passando per fondi comuni, fondi pensione ed obbligazioni, supera abbondantemente i 4350 miliardi di euro. A questa va sommata tutta la ricchezza definita “attività reale”, che fa riferimento alle proprietà immobiliari, che, dal canto loro superano, secondo le ultime stime di Banca D’Italia, i 5.700 miliardi. Il totale quindi raggiunge e supera i 10mila miliardi.

Almeno in questo siamo i primi. Tuttavia non riusciamo a rendere produttivi i nostri capitali ed i sacrifici fatti per accantonarli. Le rendite immobiliari non crescono, anzi, in molti casi vanno nella direzione opposta, mentre la metà delle attività finanziarie è detenuta su strumenti a rendimento praticamente nullo o negativo. Ma se in questi anni si fosse parlato dell’Indice Star (quello delle stelle) quello delle imprese che funzionano, se si fossero raccontate le belle storie d’impresa che evidenziano la forza della nostra ingegnosità e creatività, forse una parte dei risparmi ne avrebbe tratto beneficio così come la crescita e la competitività delle imprese stesse.

Del resto…

 

Del resto anche la Costituzione Italiana era stata scritta per venire in nostro aiuto in momenti che potrebbero presentare criticità maggiori da superare. Sarebbe bastato leggere con attenzione l’articolo 47.

“La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”. (Art.47 costituzione italiana).

“La Repubblica…favorisce l’accesso…al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”.

Se si fosse legata parte del risparmio alle attività produttive del Paese, come, con fare lungimirante, hanno scritto i Padri Fondatori della Costituzione? Quanto saremmo tutti più ricchi? Quanta cultura ed educazione finanziaria avremmo creato?

Leopoldo Gasbarro, 14 luglio 2019